Cassano, siamo alla fine dei rimpianti

Cassano, siamo alla fine dei rimpianti
di Antonello Valentini
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Giovedì 17 Novembre 2016, 16:33
ROMA Il Cassano sprecato potrebbe essere il titolo della sua biografia. Sottotitolo: Come iniziare una carriera da speranza e chiuderla da rimpianto, avendo avuto a disposizione teatri prestigiosi del calcio europeo, ma anche la ribalta internazionale in Azzurro. A 34 anni, lui che è nato il giorno dopo il trionfo mondiale dell'Italia di Bearzot nell'82, Antonio Cassano sta chiudendo tristemente la sua vicenda calcistica, tra incomprensioni e polemiche: la Samp lo ha escluso dalla rosa, può andare al mare dice la società, in attesa di chissà quale destino a gennaio. Forse in B con l'Entella, a due passi da casa. «Ha trovato modo di litigare un'altra volta, può anche appendere le scarpette al chiodo», lo ha liquidato - ormai esausto e seccato - Eugenio Fascetti, il tecnico che lo lanciò a 19 anni in Serie A. Chi lo conosce, sa che Antonio Cassano è meglio di come vuole apparire, generoso e di buona indole, un'infanzia complicata e sofferta, ma che non può giustificare tutto. E tutti gli hanno sempre riconosciuto quintali di classe e talento.
Varie cassanate (le corna all'arbitro Rosetti; l'imitazione di Capello, che non brilla per umorismo; le liti con Del Neri e con il presidente Garrone; la maglietta in faccia all'arbitro Pierpaoli) gli sono costate nel corso degli anni definizioni brucianti: infantile, irrequieto, indifendibile, irritante, insolente.
Fuori dal campo, il talento nato a Bari (con la monotona precisazione Bari-vecchia, mi raccomando, come se fosse un'altra città o peggio una tara d'origine), Antonio Cassano è riuscito a dare il peggio di se, a caccia di una malintesa rivincita sociale. Quando agli Europei 2004 segnò un gol purtroppo inutile contro la Bulgaria e l'Italia andò a casa, fu premiato come stella del torneo. Tra le lacrime di rabbia, nel tunnel dello stadio, si sfilò la maglietta con il numero 18 e me la regalò. E' il Cassano da ricordare.