LA CONSTATAZIONE
Quando gli è stato paventato il programma-giovani, Lucio ha replicato pubblicamente: «Poi però non chiedete di vincere...». Toccherà alla società convincerlo della possibilità. Perché se i giovani hanno la qualità e le prospettive di Rodrigo Caio, Pellegrini, Kessie (sul quale però è piombato il Napoli) e magari Defrel, già cercato a gennaio, il discorso potrebbe cambiare. Anche se per i miracoli, è difficile attrezzarsi. Lo sa bene Dzeko: «È difficile competere con la Juventus, loro hanno investito 150 milioni in nuovi giocatori, noi purtroppo no», l’ammissione senza peli sulla lingua di Edin al portale bosniaco Klix.ba. Uno scenario che Monchi conosce bene, avendolo già affrontato a Siviglia, dove comunque è poi riuscito ad allestire squadre che hanno saputo vincere. E non saltuariamente una coppa ma con una continuità disarmante (tre Europa League consecutive).
IL PESO DELLA CHAMPIONS
Lo spagnolo si troverà a dover gestire un’eredità lasciata da altri. Il riferimento, nemmeno troppo velato, è ai riscatti che la Roma sarà costretta ad effettuare entro il 30 giugno. Premesso che ogni accordo, previa intesa tra le parti potrebbe anche slittare oltre la dead-line prevista dalla chiusura dell’esercizio economico per far quadrare meglio i conti, sono comunque soldi che la società prima o poi dovrà sborsare. Al netto di Bruno Peres, dove il riscatto anticipato di Iago Falque per 5,8 milioni a gennaio e la cessione di Skorupski a giugno dovrebbe portare ad un sostanziale pareggio tra dare e avere col Torino, rimangono gli altri - Perotti (8), Juan Jesus (8), Mario Rui (6), Fazio (3,2), Emerson (2,5) – che inevitabilmente peseranno sulla liquidità del club. Gira che ti rigira, si torna quindi sempre al punto di partenza: la qualificazione diretta alla Champions. Unico, reale spartiacque della prossima stagione. Spalletti o non Spalletti.
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