Batterie elettriche, parte dal Veneto la sfida per una filiera europea

L’esperienza di Alkeemia e l’impianto di Porto Marghera. L’ad Di Donato: «Siamo nella culla della chimica dei fluoruri, un luogo introvabile nella Ue, con infrastrutture strategiche»

Batterie elettriche, parte dal Veneto la sfida per una filiera europea
di Jacopo Orsini
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Mercoledì 8 Maggio 2024, 15:57 - Ultimo aggiornamento: 9 Maggio, 07:46

Di solito quando si pensa alle batterie per le auto elettriche l’attenzione si concentra sulle gigafactory, i grandi impianti dove vengono assemblate.

Ma questo passaggio è solo l’ultima fase della costruzione. Prima c’è tutta una filiera di produzione che al momento è dominata dalla Cina. La sfida lanciata da Alkeemia, società controllata dal fondo inglese Baltyre Capital che vuole diventare il punto di riferimento europeo per le materie prime destinate alle batterie, è quella di creare una filiera europea, puntando sullo stabilimento di Porto Marghera, in Veneto. Un impianto rilevato dalla Solvay e attivo nella produzione di acido fluoridrico da decenni. Un materiale pericoloso da maneggiare ma fondamentale per la realizzazione di una batteria.

Gli stabilimenti

«A Porto Marghera si produce acido fluoridrico da circa 70 anni, dal 1956: siamo nella culla della chimica dei fluoruri. Per chi fa industria è un luogo introvabile in Europa, con infrastrutture strategiche come porto e ferrovie», osserva Lorenzo Di Donato, amministratore delegato di Alkeemia. La società – che realizza circa 70 milioni di euro di fatturato l’anno, conta su un centinaio di dipendenti e ha due stabilimenti (l’altro in Germania, a Francoforte) – ha recentemente annunciato un piano di investimenti da un centinaio di milioni per incrementare la produzione e fare dell’impianto veneziano un distretto integrato del settore. Attirando anche altre aziende del comparto.

«L’acido fluoridrico è il mattoncino di partenza per fare un sacco di cose, tra cui le batterie», spiega Lorenzo Orsini, direttore ricerca e sviluppo di Alkeemia. L’utilizzo però è molto vario e spazia da settori come la farmaceutica, i tecnopolimeri (la plastica in sostanza) e il trattamento dell’acciaio. L’acido fluoridrico, continua Orsini, «sarà un elemento strategico sul mercato della chimica e in particolare delle batterie». Al momento la società lo vende sul mercato. Ma il progetto è di allargare l’impianto di Porto Marghera per usare l’acido fluoridrico per produrre direttamente il sale di litio, un componente fondamentale delle batterie elettriche che al momento si trova solo in Cina e in altri Paesi asiatici.

L'espansione

Il settore delle batterie è considerato in espansione, per le prospettive di crescita delle vendite di auto elettriche in Europa. Il mercato dei materiali per le batterie – sottolinea Alkeemia – è in costante sviluppo e la domanda di componenti che contribuiscono alla realizzazione di accumulatori per il settore auto o per gli smartphone è in forte aumento.

Si stima un incremento globale del 26% annuo fino al 2030 seguito da un più contenuto +9% per gli anni successivi.

«Sappiamo che c'è un grande potenziale di crescita, basti pensare al segmento dell'automotive: le auto elettriche in Europa oggi rappresentano circa il 16% di quelle circolanti, abbiamo enormi margini di crescita per creare un network, un mercato europeo. Vorremmo essere la scintilla del sistema», sottolinea Di Donato. «Il bisogno del sale di litio in Europa, tra il 2030 e il 2032, complice la transizione energetica in atto, è stimato in 120mila tonnellate – prosegue l’amministratore delegato della società – Attualmente in Europa se ne producono quantità pari a zero. Il nostro progetto è di produrne 10mila entro il 2027, il 10% del bisogno. Possiamo farlo». Fra l’altro difficilmente in Europa si potranno avere licenze e permessi per costruire nuovi stabilimenti come quello di Porto Marghera. E dunque Alkeemia punta a sfruttare questo vantaggio.

I componenti

«L’obiettivo non è creare la batteria, ma le componenti per un mercato europeo – insiste Di Donato – Arriviamo tardi, vero, ma possiamo accelerare e recuperare il gap con la Cina. C'è una grandissima opportunità che si sta creando dal nulla, una nuova industria dei materiali. Pensiamo ai sali di litio: le prime tecnologie mainstream cinesi prevedevano 5mila tonnellate di prodotto e 35mila tonnellate di scarti. Da padre di una figlia di 8 anni, Matilde, penso a un sistema circolare e sostenibile, sia per una questione ambientale che industriale, puntando sul riciclo di quanto prodotto». Dalla produzione recuperiamo tutto, assicura Orsini. «È come il maiale – scherza – non si butta via nulla».

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