Marina Valensise
Marina Valensise

I licei occupati/ Il coraggio dei prof e l’illegalità che nessuno evidenzia

di Marina Valensise
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Mercoledì 23 Novembre 2022, 00:31 - Ultimo aggiornamento: 25 Novembre, 12:24

Devono aver sentito battere sulle loro teste “il vento d’ala dell’imbecillità” i professori del Visconti che lunedì a sorpresa hanno occupato lo storico liceo romano per sabotare “l’okkupazione” indetta domenica sera dagli studenti. Entrando nel liceo dall’attigua chiesa di Sant’Ignazio, la preside e alcuni docenti si sono sistemati nella sala Pozzo, per lanciare un ciclo didattico alternativo e permanente. Gesto paradossale e coraggioso che mette fine a più di cinquant’anni di inebetita inerzia davanti a un rito stantio e però ancora corrente. Segnaliamo il precedente del Mamiani, quando nel 1997 quattro professori restarono nottetempo a scuola col preside, per sfidare l’occupazione organizzata da appena una trentina di liceali, ma sostenuta dal favore dell’opinione pubblica. Allora le cose finirono male. La polizia sgombrò gli occupanti, e il povero preside Ligabue, su pressione dei genitori compiacenti, venne fatto fuori.


Da allora sono passati quasi trent’anni, e almeno cinquanta dall’inizio di questa liturgia protestataria dell’occupazione che contesta il sistema con l’illusione di rifondarlo nell’illegalità e nella violenza. In questi anni, molte cose, è vero, sono cambiate. Oggi non circolano più armi, né spranghe di ferro, forse solo canne e molta coca, a giudicare dal disastro che affiora nei locali dei licei dopo giorni e notti di allegri bivacchi. A Roma esiste persino un’agenzia dedicata al tema, l’Osa, Opposizione Studentesca d’Alternativa, che raccoglie fondi per le spese legali dell’opposizione studentesca. Prudentemente, la questura e le forze dell’ordine non si peritano di intervenire onde evitare d’innescare rapporti di forza svantaggiosi per i minori. Così, l’illegalità dilaga, fra genitori compiaciuti che forniscono thermos e coperte per le notti dei loro figli a scuola, mentre i professori di solito si mettono all’ascolto, assecondano il movimento, per non passare da biechi reazionari agenti della repressione.


Dopo il Tasso e il Mamiani, al Visconti l’occupazione è iniziata domenica sera con un comunicato del Collettivo Visconti Unito in cui si legge che non si tratta di “una scelta a cuor leggero”, e si annuncia che l’interruzione della didattica sarà compensata da “un programma di corsi, ospiti e didattica alternativa” per dare ai partecipanti la possibilità di “integrare il proprio percorso formativo durante i giorni di protesta”. I giorni di protesta sarebbero dovuti durare a lungo, a giudicare dal copioso elenco di motivi che gli studenti hanno di occupare il loro storico liceo: si va dall’accesso all’edificio precluso ai disabili, (il liceo è sito nel quadrilatero del Collegio romano, in un palazzo vincolato nel cuore della Roma rinascimentale) all’immediata abolizione dei Pcto (ex alternanza scuola lavoro), “modello basato sulla competizione e lo sfruttamento” e perseguito dal governo Meloni, “accelerando la trasformazione del sistema scolastico in una vera e propria scuola gabbia in cui solo i più forti e privilegiati riescono a sopravvivere”; dal decreto anti rave, “violento attacco alla libertà di espressione”, all’aumento delle spese militari al 2 per cento del Pil, “come richiesto dalla Nato”, che comporta “la direzione bellicista e guerrafondaia intrapresa dal governo Draghi, con continui invii di armamenti all’esercito ucraino”. Senza tralasciare l’arretramento dei diritti delle donne, e la selezione darwiniana al posto di un modello didattico fondato sull’integrazione e sul miglioramento, anziché sulla competizione e l’individualismo.
Temi forti e nobili, non si discute. E però prima della contromossa della preside e dei professori del Visconti riuniti in sala Pozzo per offrire lezioni a chi si oppone all’occupazione, e non lasciare la scuola in mano degli occupanti, stupiva l’acquiescenza dei genitori, spesso sono i primi istigatori di questo rito di passaggio, e in generale dell’opinione pubblica, che forse non ne misura i danni a breve e lungo termine. 


Eppure basta uno sguardo libero e un po’ smagato per rendersi conto dei danni connessi all’occupazione, danni non solo materiali - mura, banchi, apparecchiature distrutte e saccheggiate- non solo formativi - perdita della realtà e del senso delle proporzioni - ma soprattutto morali. Occupare la scuola e incoraggiare l’illegalità dell’occupazione vuol dire destituire l’opera di quei professori che ogni giorno, con pazienza, amore e abnegazione si impegnano a tessere uno scambio coi loro allievi. Significa minare la possibilità stessa di conoscere un mondo diverso dal nostro, per fare un’occasione di apertura mentale e di crescita; significa rinunciare a apprendere un metodo per imparare a studiare, e significa soprattutto trascurare il proprio personale potenziale, a cominciare dalla capacità di usare la lingua parlata e scritta, di istituire correlazioni congruenti, di argomentare in modo logico.


Perciò è ora di ridare credito ai tanti eroi civili che ogni anno, per un brevissimo lasso tempo regalano ai loro alunni la possibilità di capire le parole che adoperano leggendo Dante, di leggere l’Ariosto guardando l’Orlando furioso di Luca Ronconi, di sentire la follia dell’uomo contemporaneo recitando Pirandello, o entrare nel mito di Don Giovanni leggendo i libretti di Da Ponte. Se dopo essere stati costretti per decenni a assistere inermi a quest’inutile liturgia dell’anti potere adesso trovano la forza di reagire e di respingere le accuse di elitismo e autoritarismo, difendendo la loro missione come i professori del Tasso, e ora i contro occupanti del Visconti riusciranno anche a liquidare il presenzialismo di personaggi del calibro di Enrico Mentana, che si è subito messo a disposizione degli studenti che occupavano invitandoli a chiedergli cosa volevano sapere, o come il premio Strega Edoardo Albinati, che di scuola è un grandissimo esperto, e persino come Michela Murgia, fervente attivista dei diritti civili. Tutti pronti a partecipare alla protesta chiudendo un occhio sull’illegalità dell’occupazione, che fra l’altro nei programmi di molti professori è già un appuntamento regolare. Per uno di questi incontri di opposizione studentesca alternativa era atteso anche Roberto Saviano, il quale però all’ultimo momento ha rinunciato: la scorta del Viminale che lo “protegge”, infatti, gli ha spiegato che non poteva accompagnarlo in una scuola illegalmente occupata. Come dire, la vita e dunque la scuola hanno sempre qualcosa da insegnarci.

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