Eredità Agnelli, dal testamento ai fondi all'estero: il primo test in aula sui sequestri

Il primo nodo da sciogliere riguarda l’effettiva residenza di Marella Agnelli

Dal testamento ai fondi all’estero, l'eredità degli Agnelli al primo test in aula sui sequestri
di Val. Err.
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Lunedì 26 Febbraio 2024, 00:21 - Ultimo aggiornamento: 00:23

Il primo test per l’inchiesta della procura di Torino sull’eredità Agnelli è previsto per mercoledì. Quando il Tribunale del Riesame dovrà pronunciarsi sulla legittimità dei sequestri eseguiti lo scorso 7 febbraio, quando la Guardia di Finanza ha perquisito John Elkann, ad di Exor (estranea all’indagine) e Gianluca Ferrero, commercialista e presidente della Juventus, indagati insieme al notaio svizzero ed esecutore testamentario di Marella Caracciolo, Urs von Gruenigen. I legali di Elkan e Ferrero hanno impugnato il provvedimento. Non solo con l’obiettivo di vederlo annuallare dai giudici, ma anche con lo scopo di ottenere così anche una parziale ulteriore discovery da parte dei pm che, di certo, depositeranno altri atti dell’indagine e affilare le armi della difesa. Ma il Tribunale delle libertà potrebbe anche ritenere i sequestri eccessivi o sproporzionati rispetto ai reati fiscali al momento contestati.

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Il primo nodo da sciogliere riguarda l’effettiva residenza di Marella Agnelli, tra il 2018 e nei primi mesi del 2019, ossia se almeno 183 giorni su 365 vivesse in Svizzera.

Circostanza negata, nel suo esposto, dalla figlia Margherita, secondo la quale la madre avrebbe soltanto fittiziamente abitato in Svizzera, circostanza che invaliderebbe la sua successione. Perché non avrebbe avuto il diritto di dichiararsi fiscalmente cittadina svizzera. Ma i pm indagano anche sull’autenticità delle firme di Marella Caracciolo che in alcuni «documenti di rilievo» potrebbero essere di natura «ragionevolmente apocrifa», come si legge nel decreto di perquisizione. Agli atti ci sarebbero già alcune perizie grafologiche. Con le perquisizioni i pm puntavano agli originali di 14 documenti relativi agli accordi successori, a cominciare dal testamento pubblico 3693. Un’inchiesta che potrebbe così rimettere in discussione la spartizione di un patrimonio immenso: dai conti nei paradisi fiscali, alla rete di società offshore schermate, già oggetto di rogatorie internazionali, rimasti fuori dall’eredità. Un patrimonio che, almeno secondo l’esposto, sarebbe stato nascosto a Margherita. 

I NUOVI ATTI

E nell’inchiesta torinese sono confluiti anche gli atti della vecchia indagine della procura di Milano. I pm alla fine avevano archiviato, ma nel decreto sottolineavano: «Molteplici indizi portano a ritenere come verosimile l’esistenza di un patrimonio immenso in capo al defunto Gianni Agnelli, le cui dimensioni e la cui dislocazione territoriale non sono mai stati compiutamente definiti». Era il 2013 e i pm, al termine di un procedimento su uno dei numerosi filoni giudiziari aperti intorno all’eredità dell’Avvocato, decisero di archiviare l’inchiesta a carico di sei persone. Gli inquirenti milanesi avevano svolto accertamenti per cercare di capire se le iniziative giudiziarie di Margherita fossero giustificate e conclusero che non si trattava di «pretese avventate». A bloccare le indagini, però, era stata la mancata collaborazione delle autorità giudiziarie di Zurigo e del Liechtenstein in sede di rogatoria «sulla base dell’assunto, non del tutto condivisibile, che le richieste avevano esclusiva finalità fiscale». 

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