Terremoto, la Turchia riparte. «Dopo il sisma riavremo una casa». Erdogan tra gli sfollati: «I palazzi ricostruiti in modo più sicuro»

La consegna delle prime abitazioni a un anno dal sisma. Il presidente turco tra gli sfollati: "I palazzi ricostruiti in modo più sicuro"

Terremoto, la Turchia riparte. «Dopo il sisma riavremo una casa». Erdogan tra gli sfollati: «I palazzi ricostruiti in modo più sicuro»
di Silvia Sfregola
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Mercoledì 7 Febbraio 2024, 00:06 - Ultimo aggiornamento: 00:17

Ahmet si affaccia dalla porticina del container, sorride e indica il cantiere con i nuovi palazzi: «Laggiù c’è la mia casa», dice e non serve che aggiunga altro. L’incredibile quantità di edifici sorge al di là del campo dei terremotati di Malatya dove vive da 10 mesi con la mamma e i fratelli. Ha solo 7 anni ma non ha dimenticato l’inferno che esattamente un anno fa ha ingoiato vite e cemento nel sud-est della Turchia. Sono le 4.17 del 6 febbraio quando il doppio terremoto, il più forte mai registrato sulla terraferma, squassa il Paese: la prima scossa è di magnitudo 7.9. La seconda, nove ore dopo, arriva a 7.5. È una catastrofe, nelle province di Adana, Malatya, Gaziantep, Diyarbakir, Hatay, Adiyaman, Osmaniye, Sanliurfa, Kahramanmaras, Kilis ed Elazig: 53 mila morti, oltre 200 mila edifici crollati e milioni di persone senza casa. Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan parla in quelle ore dalle aree terremotate e promette: «La ricostruzione entro un anno». Una sfida ardua, una promessa importante, che 365 giorni dopo quella che il mondo intero ha definito la tragedia del secolo, il leader turco ha cercato di mantenere a tutti i costi.

LA RINASCITA

La Turchia che non ti aspetti è nella piana di Malatya tra le montagne del Tauro, le albicocche e le rovine di antiche civiltà del passato. Qui, nella provincia dell’Anatolia orientale, il terremoto ha raso al suolo i centri abitati e il governo si è impegnato fin da subito in una ricostruzione record. Dopo un anno di lavori senza sosta nei luoghi del disastro, le montagne di macerie sono solo un ricordo. Tra i cantieri ancora aperti le strade, i negozi, gli uffici e le case hanno ripreso forma in modo impressionante. Nell’omonimo capoluogo - che ospita oltre 400 mila abitanti - si respira l'aria della rinascita. «La consegna dei primi lotti di case ricostruite dal governo è prevista a marzo», annuncia il governatore Ersin Yazici con orgoglio perché quello compiuto è un miracolo. «Ora continueremo a lavorare per rendere la nostra città migliore di prima». Nella provincia di Malatya i morti sono stati 1.237, i feriti 6.444. «Abbiamo aiutato 159 mila famiglie, 690 mila persone in condizioni di indigenza», sottolinea Yazici che elenca anche i numeri della ricostruzione: «Il terremoto ha danneggiato 35.907 edifici, di questi 6.643 sono stati demoliti. Nel centro della città il 98% della demolizione è stato completato; in tutta la provincia il 65%».

E a Malatya i nuovi quartieri residenziali sono già pronti ad accogliere una parte dei 117.232 cittadini che da un anno vivono nei 32.295 container installati in 69 comuni della provincia. In tutto il sud-est il governo ha previsto di costruire 307 mila case nei centri urbani e nei villaggi colpiti dal sisma. I sorteggi per assegnare 75 mila abitazioni nei prossimi due mesi, e riservati ai proprietari che hanno perso la casa, sono stati già aperti.

Altre 200 mila abitazioni saranno consegnate nel 2024 e le gare d'appalto per la realizzazione di altre 100 mila sono già partite. Mentre i lavori di manutenzione e riparazione di tutti gli edifici scolastici nelle 11 province colpite dal terremoto sono stati completati.

 

I NUOVI QUARTIERI

Da Malatya ad Adiyaman una distesa di palazzi colorati è circondata da aree verdi, parchi giochi e marciapiedi: quartieri appena nati che aspettano solo di essere popolati. Le nuove costruzioni svettano sulla città. Gli appartamenti, ciascuno di quasi 100 metri quadri, sono già stati arredati. Solo nella provincia di Malatya sono state gettate le fondamenta di 14.636 case: la consegna del primo lotto è prevista alla fine del mese senza distinzione etnica tra turchi, curdi e siriani. La ricostruzione è stata affidata alla Toki, l’azienda di edilizia popolare del Ministero dell'Ambiente. Proprio i palazzi della Toki sono stati i più resistenti in un’area ad elevato rischio sismico. La Turchia si trova su diverse linee di faglia che si intersecano: il Paese è stretto in una gigantesca morsa tettonica e i terremoti sono legati all’attivazione di porzioni della faglia dell’Anatolia orientale in una zona in cui convergono tre distinte placche. Se c’è una cosa sulla quale i geologi non hanno mai avuto dubbi è che la previsione precisa del momento in cui avverrà un sisma catastrofico come quello che ha colpito la Turchia un anno fa è ancora impossibile da calcolare. «Oggi abbiamo ricostruito meglio e in modo più sicuro», ribadisce il presidente Erdogan durante il tour da Hatay a Gaziantep per dare il via alla consegna delle prime case ai terremotati un anno dopo il disastro. «Nessuno in Europa o negli Usa avrebbe superato l'impatto di un disastro di questa portata», afferma il leader turco.

DENTRO I CONTAINER

L’intero progetto edilizio prevede solo nella provincia di Malatya la realizzazione di 34 mila edifici indipendenti, di cui 23 mila residenziali e 11 mila commerciali in un’area di 313 ettari. Nei container le famiglie hanno iniziato il conto alla rovescia: «Vivo qui da circa 7 mesi con i miei quattro figli» racconta mamma Emine, mentre tiene in braccio il più piccolo, nato nel campo allestito dall’Autorità del Ministero dell’Interno per la gestione dei disastri e delle emergenze (Afad). «Ringrazio il governo per tutto quello che ha fatto per noi». Sono le risate dei bambini, le corse avanti e indietro in bicicletta o dietro a un pallone tra le stradine disegnate dai container ad alleggerire le lunghe giornate. Loro sperano di ritrovarsi tutti, nelle nuove case, a vivere vicini. «Ho perso i miei tre bimbi nel terremoto, ora vorrei solo riavere loro», dice con un filo di voce Efrin. «La nostra casa è rimasta in piedi ma abbiamo paura a dormire lì. Qui siamo al sicuro», racconta una giovane coppia. Le città container sono attrezzate con scuole, moschee, campi da gioco, cucine mobili, centri sanitari e attività di supporto psicologico e sociale. Perché la ricostruzione del governo nell’ultimo anno non è stata solo materiale.

I VILLAGGI

«Questo è l’inizio di un grande progetto di ricostruzione» promette il governatore della provincia di Adiyaman, Osman Varol. Qui sono morte 8.387 persone e sono crollati 33.112 edifici. Nell’omonimo capoluogo, il secondo più colpito dal terremoto del 6 febbraio, la Toki sta costruendo 45 mila appartamenti, di cui 3mila sono già pronti per essere consegnati. «Tutti abbiamo perso qualcuno un anno fa e poter contribuire alla ricostruzione è come rinascere» spiega la responsabile del team, composto anche da giovanissime donne, che controlla uno dei cantieri di Adiyaman. Ma il governo non ha dimenticato i villaggi dove la popolazione è sopravvissuta al disastro ma ha perso ogni cosa. Nell’entroterra della città del sud-est della Turchia, 300 casette a schiera, moderne e di circa 100 metri quadrati ciascuna, verranno consegnate a maggio. Sono state costruite in pochissimo tempo, nonostante la carenza di manodopera. Gli operai mostrano con orgoglio il progetto di rivitalizzazione del centro che era stato sepolto tra le macerie di quell'inferno di polvere e sassi. «Vorrei tanto la numero 29», confessa Osman, 6 anni. Ogni giorno viene a controllare i lavori insieme al fratellino maggiore Fatih. Nel terremoto hanno perso la casa e la stalla con tutto il bestiame. «Vorrei quella perché dietro c’è tanto spazio, c’è il terreno per metterci tutti gli animali. Poi è vicina alla scuola». Oggi, un anno dopo il disastro del secolo, gratitudine e attesa accompagnano il popolo turco verso il futuro, con speranza.

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