Roma, la contessa ungherese denuncia il marito nobile: «Voleva uccidermi con un martello, ho le prove»

Atteggiamenti aggressivi che hanno spinto Ginevra a temere per la propria incolumità e a munirsi di uno spray al peperoncino

Roma, la contessa ungherese denuncia il marito nobile: «Voleva uccidermi con un martello, ho le prove»
di Giulio Pinco Caracciolo
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Sabato 20 Aprile 2024, 06:48

«È stato il secondo tentativo di omicidio da parte di mio marito», grida in aula Ginevra (nome di fantasia), la contessa di origine ungherese ascoltata in audizione protetta a piazzale Clodio. Scortata da tre guardie del corpo e assistita dall'avvocato Imma Conti, punta il dito contro il marito, fondatore di una delle aziende internazionali leader nel settore della telemedicina. Ma nel capo d'imputazione l'accusa è maltrattamenti, non tentato omicidio. Vari gli episodi di violenza verbale e fisica contestati dagli inquirenti nei quali la vittima dichiara «di aver dovuto subire insulti e mani al collo nel tentativo di strozzarla». Atteggiamenti aggressivi che hanno spinto Ginevra a temere per la propria incolumità e a munirsi di uno spray al peperoncino da tenere sempre a portata di mano per qualsiasi evenienza.

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LA LITE
Ma è su un episodio in particolare che gli inquirenti vogliono vederci chiaro, quello della mattina del primo marzo 2021 quando nel loro attico di Roma in via Cortina d'Ampezzo - a due passi da Ponte Milvio - succede l'irreparabile. Tutto inizia alle 8 del mattino con l'arrivo del domestico di origine filippina. La contessa e l'imputato sono svegli da poco ma gli animi sono già parecchio surriscaldati da una lite della sera precedente durante la quale, secondo la vittima, lei avrebbe ricevuto minacce e insulti umilianti. «Ho detto a mio marito se volesse la colazione - testimonia in aula Ginevra - ma lui mi ha risposto di chiudere la bocca e andarmene, poi ha iniziato a inveirmi contro per le casse d'acqua». E proprio queste bottiglie, ammassate nel piccolo studio dell'imputato, saranno la miccia della discordia. «Ha chiesto al domestico di aiutarlo a spostarle - continua Ginevra - ma in realtà quello non era il momento giusto per farlo e allora lui ha iniziato a scaraventarle fuori dallo studio».

Un mancato aiuto che innesca nell'uomo una reazione incontrollata, almeno secondo gli inquirenti. Una provocazione bella e buona secondo la difesa.


L'ARMA
«Ad un certo punto ho visto che è tornato dentro il suo studio - racconta la vittima - e ha iniziato a rovistare dentro i cassetti della scrivania, ha aperto l'ultimo e ha tirato fuori un martello». Ed è proprio su questi pochi istanti che si concentrano le ricostruzioni in aula. La donna denuncia «di aver visto uscire dallo studio il marito con il martello in mano e con il braccio alzato nell'atto di colpirla», si legge nel capo d'imputazione. «Era una furia - racconta Ginevra - e mi stava venendo incontro, è stato il secondo tentativo di omicidio da parte di mio marito, signor giudice». Ma tale accusa non è mai stata contestata dalla Procura.
Pochi secondi nei quali tutto cambia. Secondo la ricostruzione di quanto accaduto in quell'appartamento, decisivo è proprio l'intervento del domestico che riesce a bloccare da dietro l'uomo imbestialito. In realtà quella che va in scena è un'azione simultanea tra il cameriere e la contessa. Mentre uno gli salta addosso, l'altra gli spruzza in faccia una grande quantità di spray al peperoncino. L'imputato lascia la presa del martello che cade a terra, grida in preda al bruciore e corre via rifugiandosi in bagno. La contessa nel frattempo provvede subito a documentare con numerose fotografie tutti i dettagli della scena del presunto crimine, compresa l'arma bianca sul pavimento e le famose casse d'acqua. Immagini depositate e al vaglio dei giudici. Poi, ancora agitata, chiama gli agenti del commissariato di Ponte Milvio per sporgere denuncia.
All'imputato verrà imposta la misura cautelare del divieto di avvicinamento con braccialetto elettronico e nell'attico di via Cortina d'Ampezzo non metterà più piede.

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