Cocaina rosa a Roma, il patto degli albanesi con i narcos di Quito: così la droga arriva nella Capitale

La droga parte dall’Ecuador via nave: nei porti la gestione dei traffici è nelle mani delle gang che fanno capo ai boss di Tirana

Coca rosa a Roma, il patto degli albanesi con i narcos di Quito: così la droga arriva nella Capitale
di Alessia Marani e Camilla Mozzetti
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Domenica 28 Aprile 2024, 00:04 - Ultimo aggiornamento: 29 Aprile, 11:33

Gli unici ad avere il nullaosta della ’ndrangheta, importano droga in quantità industriali dall’Ecuador. E ormai sono praticamente i monopolisti dello spaccio della coca “rosa” a Roma, l’allucinogeno sintetico più prezioso e ricercato per cui i consumatori di un certo livello sono disposti a sborsare fino a 400 euro al grammo. Gli albanesi dettano la loro legge criminale, lo fanno organizzati come fossero paramilitari, batterie apparentemente scollegate tra loro, intercambiabili e strutturate come cellule terroristiche: nuclei che non si conoscono tra di loro ma che sono pronti a entrare in azione per proseguirne gli affari qualora un altro gruppo venga fatto fuori. Per questo è anche così difficile debellarli.

ACILIA E PONTE MILVIO
Anche se i boss cresciuti all’ombra dei palazzoni che dal colle di Acilia guardano al mare, arruolati dapprima nel recupero crediti dei Casalesi in soggiorno obbligatorio e specializzati nel gioco d’azzardo, sono ormai lontani, il business continua più florido che mai.

Gli inquirenti sono convinti che i canali aperti dagli amici del Diablo, al secolo Fabrizio Piscitelli, l’ex capo ultras degli Irriducibili della Lazio, morto ammazzato nel Parco degli Acquedotti (era il 7 agosto del 2019) non siano mai stati chiusi. Anzi. Da lontano, aiutati dal dark web e dalle cellule ben impiantate in Italia, Germania e Olanda, Arben Zogu, detto “Riccardino” e il nipote Dorian Petoku, fuggito a dicembre dalla comunità in cui stava scontando una condanna a 12 anni per narcotraffico, continuerebbero a fare pesare la loro influenza criminale sulla rotta delle coca. Ottenuta l’estradizione in Albania e poi tornato libero, Riccardino avrebbe trovato riparo in quel di Dubai dove è difficile immaginare che abbia spezzato la catena di amicizie strette nel tempo.

LE AMICIZIE
Quando era finito recluso nel carcere di Avellino, fu lui a entrare i sintonia con Umberto Bellocco, della potente ’ndrina di Rosarno, instaurando un legame che negli anni, complice anche una comune mentalità (usi e costumi che dal Paese delle "aquile" si intrecciano perfettamente con quanto la Calabria conserva nel proprio Dna) era andato sempre più rafforzandosi. Mentre si rinsaldano i “cartelli” fra calabresi e sud americani allo stesso modo gli albanesi da picchiatori prima, spacciatori e riscossori di credito poi, diventano dei formidabili "broker" internazionali in fatto di stupefacenti. Quelli «brutti e cattivi» della batteria di Ponte Milvio citati da Carminati & co. nelle carte dell’inchiesta Mondo di Mezzo si conquistano un posto di rango nella filiera. Nel 2016 in Ecuador si moltiplicano le “aziende” di produzione di cocaina, non c’è più solo Bogotà in Colombia. E così i traffici aumentano a dismisura almeno del 70 per cento. Gli albanesi forti del “know how” italiano dal porto di Guayaquil sovrintendono ai traffici. Negli scali intermedi al porto di Panama altre cellule di albanesi seguono le spedizioni che poi ripartono a bordo di container per i porti di Gioia Tauro, Civitavecchia e Rotterdam. In ogni porto c'è una batteria di albanesi e quando la cellula viene scoperta, a seguito di operazioni di polizia giudiziaria, la catena non si spezza per il semplice fatto che la medesima cellula bruciata viene sostituita e rimpiazzata all’istante. Altri volti e altri nomi che subentrano a chi è finito dentro alle inchieste di carabinieri, finanza e polizia.

“PASSEROTTO”

Alle spalle c’è la protezione della ’ndrangheta. Altro che vendette trasversali per la morte di Fabrizio Piscitelli. L’omicidio di Shehaj Selavdi, “Passerotto” a Torvaianica (20 settembre del 2020) ha spiegato bene l'obiettivo di questo criminali: scalare la mala romana con o senza il benestare del clan Senese che a Roma bilancia gli equilibri della mala. Quando nel 2018 gli investigatori mettono le “cimici” a una banda di giovani spacciatori di Montespaccato, ascoltano un dialogo molto interessante. Uno di loro, a proposito di un amico di borgata che improvvisamente fa la bella vita e si pavoneggia di potere vivere di rendita importando «1000 chili in Spagna e mille in Italia» svela l’arcano: «È cresciuto dopo che gli hanno presentato Passerotto». Prima l’hashish poi la coca: la grande importazione veicolata dagli albanesi abbassa i costi e i prezzi al dettaglio tanto da fare concorrenza a chi fino ad allora, deteneva il controllo delle piazze. Coca importata dal Sud America e altra sintetizzata in Europa. La vendono a meno e la vendono bene. Tanto che uno dei due pentiti doc - Fabrizio Capogna - acquista da loro perché conviene innescando per questo le ire del duo Bennato-Molisso.

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