Gianni Infantino, l'avvocato di origini calabresi che parla sei lingue e ha scalato il vertice Fifa

Gianni Infantino
di Carlo Santi
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Sabato 27 Febbraio 2016, 11:04 - Ultimo aggiornamento: 11:05

Il segretario diventa re. Gianni Infantino, avvocato italo-svizzero, sale sul trono del calcio mondiale, nono presidente della Fifa. Lo sceicco Salman Al Khalifa si è dovuto arrendere vistosamente, 115 preferenze contro 88. Origini italiane, padre di Reggio Calabria e mamma della Valcamonica, Infantino è nato a Briga, appena oltre il confine con Domodossola, il 23 marzo del 1970, sotto il segno dell’Ariete, nel paese dove i suoi genitori erano emigrati negli anni Sessanta e dove il papà lavorava in ferrovia, nei vagoni letto. I treni sono stati importanti nella vita del neo presidente della Fifa, il padrone del calcio che vuole portare questo mondo nel futuro liberandolo dall’epoca del padre-padrone Blatter, il colonnello svizzero che ha fatto di questa organizzazione la sua fortezza. Adesso, Blatter è il passato. Treni importanti per Infantino perché vi ha lavorato, uomo delle pulizie dei vagoni letto ma aiutante anche della mamma nel suo chiosco di giornali. Tutto questo per pagarsi gli studi, quelli che lo hanno visto specializzarsi in diritto sportivo. Importanti i treni ai quali è legato come è legato alle sue radici, all’Italia che Infantino ha nel cuore come il nostro calcio che vedeva da vicino, tifoso a San Siro dell’Inter di Altobelli e Beccalossi. Erano i primi anni Ottanta, quelli del Mondiale di Spagna e di Paolo Rossi.

GIOCATORE MANCATO
Il calcio è entrato presto nelle attrazioni del giovane Gianni. Che, però, talento per essere un buon giocatore ne aveva pochino. Talmente poco che già a undici anni era in campo: non per giocare ma per organizzare tornei con gli amici e poi a diciotto la sua Folgore, la squadra del cantone Vallese che aveva fondato, è stata promossa alla penultima categoria. Da quella Folgore, Infantino di strada ne ha fatta. Si è laureato in legge, ha lavorato all’università di Neuchatel prima di approdare, nel 2000, all’Uefa. Primo incarico è stato quello di direttore della divisione Affari Legali e Licenze per club. Nove anni dopo, Infantino è diventato segretario generale, uomo fedele del presidente Platini che era salito al trono del calcio europeo due anni prima al quale ieri, un attimo dopo l’elezione, il nuovo capo del pallone mondiale ha rivolto un pensiero.

L’UOMO DELLE RIFORME
Poliglotta e attento alla storia, ai fatti che hanno segnato il mondo. Infantino ha chiuso la sua campagna elettorale in Sudafrica, a Robben Island, l’isola al largo di Città del Capo dove è stato prigioniero Nelson Mandela. Un bel segnale, il suo. Poliglotta, dicevano. Parla sei lingue - in casa italiano, inglese, francese e arabo visto che la moglie è libanese - e questo dono è segno non solo di rispetto verso gli altri ma anche di comunicazione. Presentando il suo programma ai membri delle Federazioni, Infantino le ha utilizzate tutte. Adesso l’avvocato italo-svizzero che sogna di tornare presto a Reggio Calabria, nella casa che possiede nella quale ci sono i ricordi del papà, è pronto a mettere la palla al centro e giocare. Un nuovo calcio, quello che promette, fatto di riforme e buona governance, democrazia e partecipazione ma anche di sviluppo. Un calcio, il suo, che non dovrà essere solo tecnologico ma trasparente con una netta, anzi nettissima, separazione dei poteri e delle funzioni e senza influenze politiche. Il neo presidente, che in questo mondo è ben navigato, sa che per mantenere fede a questa promessa elettorale dovrà faticare parecchio lottando contro il potere esistente. Non vuole più un Esecutivo nella sua Fifa, Infantino, ma un Consiglio della Fifa che avrà compiti di strategia e supervisione e sarà composto da 36 membri.

Vuole aprire alle Confederazioni che dovranno avere, ognuna, almeno una donna. Vuole essere l’uomo delle riforme ma anche uomo d’azione per ridare alla Fifa che, come ha scritto lui, attraversa una delle peggiori crisi della sua storia centenaria, un volto pulito. La sfida, adesso, parte dal Mondiale che Infantino vuole a 40 squadre contro le attuali 32 per permettere a più Federazioni di investire più risorse. E alle Federazioni, che sono 209, andrà incontro, stando al suo programma elettorale, con un assegno di 5 milioni di dollari ogni quattro anni per progetti di sviluppo e, per gli stessi motivi, elargirà 40 milioni a ogni Confederazione. Tutto questo destinando la metà delle entrate della Fifa. Tra i suoi progetti anche quello di portare i fuoriclasse in giro per il mondo a raccontare le loro storie.

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