Negligenza durante la nascita di un bimbo all’ospedale Renzetti, la Asl di Lanciano - Vasto- Chieti condannata al risarcimento di oltre mezzo milione di euro nei confronti del piccolo paziente e dei genitori. Durante le fasi del preparto l’allora neonato ha subito conseguenti danni permanenti, riconosciuto anche dall’Inps come handicap gravi, con sindrome di deficit attentivo e comportamentale più altre patologie.
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Lanciano, danni al neonato dopo il parto: sì al risarcimento da mezzo milione di euro
La sentenza è del giudice Gianluca Falco del tribunale civile di Chieti.
L’istruttoria processuale è stata incardinata su negligenze e imperizie dei medici, a cominciare dal fatto che la gestante, nonostante il sanguinamento, non è stata sottoposta a visita medica né all’ecografia per accertare le condizioni del bimbo. Neppure un monitoraggio cardiaco continuo ci sarebbe stato, ma solo due visite ostetriche con rilievo isolato del battito cardiaco fetale. Insomma, trascurato il sanguinamento e ritardato il parto cesareo provocando così una grave sofferenza perinatale al bambino con danni cognitivi e comportamentali. A 2 anni, dicembre 2012, al piccolo è stata riscontrata la sindrome da deficit attentivo con iperattività con pregressa sofferenza perinatale. Poi disturbi visivi con miopia severa bilaterale con strabismo. E successivamente la disarmonia dello sviluppo, del linguaggio e disabilità intellettiva.
«Sulla base delle risultanze tecniche del Collegio peritale e dei principi governanti la materia della responsabilità professionale sanitaria – dice Sos Utenti – il giudice ha riconosciuto la responsabilità della struttura sanitaria in ragione di condotte commissive ed omissive, imperite e negligenti che hanno avuto incidenza causale diretta nel verificarsi dei fatti. È stata affermata la responsabilità della struttura sanitaria coinvolta per i danni patiti dal neonato, ed asseritamente causati dalla ritardata esecuzione del parto, ritenendo pienamente sussistente il nesso di causalità quando, da un lato non vi sia certezza che il danno cerebrale patito dal neonato sia derivato da cause naturali o genetiche e, dall’altro, appaia più probabile che un tempestivo o diverso intervento da parte dei sanitari avrebbe evitato il danno».
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