Croazia, il boom nato quasi per caso

Croazia, il boom nato quasi per caso
di Gianfranco Teotino
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Venerdì 13 Luglio 2018, 09:30
Hanno avuto il coraggio che è mancato alla Federcalcio italiana e ora si possono godere la prima finale mondiale della loro storia. Hanno cambiato il commissario tecnico dalla notte al giorno, senza stare tanto a pensarci: venerdì sera pareggio in casa con la Finlandia e partecipazione ai playoff in pericolo, sabato mattina esonero di Ante Cacic, domenica il nuovo ct incontra per la prima volta i giocatori al gate del volo per Kiev, dove lunedì sera si gioca la sfida decisiva con l’Ucraina. Vinta. Così come il successivo spareggio con la Grecia. Altrimenti facevano la fine dell’Italia. Altro che programmazione. Ché poi l’allenatore oggi sugli allori, Zlatko Dalic, era stato scelto per caso. Perché era libero, in pratica l’unico disponibile: disoccupato da quasi un anno, esonerato dall’Al-Ain, la squadra degli Emirati dove era finito a cercare fortuna, dopo esperienze non esattamente esaltanti in Arabia Saudita e Albania. In realtà, un amico degli amici. Legato a quel gruppo di potere che partendo dalla Dinamo Zagabria influisce direttamente sulle scelte della Federcalcio nazionale. Devon Suker, ex grande attaccante anche del Real Madrid, capocannoniere dei Mondiali ’98, quelli della semifinale Francia-Croazia (2-1, doppietta di Thuram in rimonta), è la faccia presentabile di un sistema perennemente lambito dalla corruzione.
ZERO PROGRAMMAZIONE
Il suo ex vice presidente, Zdravko Mamic, dal 2002 plenipotenziario della Dinamo Zagabria, proprio alla vigilia dei Mondiali, è stato condannato a 6 anni di reclusione per evasione fiscale e appropriazione indebita: già prima della sentenza era scappato, rifugiandosi a Medjugorje, poiché possiede anche nazionalità bosniaca. Nello stesso processo, 3 anni in primo grado a Damir Vrbanovic, tuttora direttore esecutivo della Federcalcio, che sedeva tranquillamente in tribuna autorità alla destra della presidente della Repubblica Kolinda Grabar-Kitanovic durante Croazia-Russia. Le accuse si riferiscono a tangenti per le cessione di giocatori importanti come Lovren e Modric, la stella della squadra, pure lui rinviato a giudizio e che rischia una condanna da 6 mesi a 5 anni per falsa testimonianza. La longa manus della Dinamo Zagabria tiene in pugno tutto il calcio croato. L’Uefa provò a intervenire aprendo un’inchiesta, quando divenne chiaro che il fratello di Mamic, Zoran, allenatore della Dinamo, e il figlio Mario, procuratore di giocatori, in realtà decidevano pure chi convocare in nazionale. Invano. Nella Under 17 che tre anni fa agli Europei fa arrivò fino ai quarti, 11 titolari su 11 erano della Dinamo Zagabria.
Come possa un Paese di poco più di 4 milioni di abitanti e turbato da questi scandali produrre tanto talento è quasi impossibile da spiegare. Non c’è nessun progetto scolastico legato allo sport, nessun investimento federale sui vivai, l’unico settore giovanile in grado di produrre giocatori importanti, come quelli protagonisti in Russia, è proprio quello della Dinamo Zagabria, società così poco programmata da avere cambiato 17 allenatori in 13 anni nei quali ha comunque vinto 12 campionati. Insomma, è il trionfo dell’improvvisazione. Ma anche dell’orgoglio nazionale: ieri alla riunione del governo tutti i ministri si presentati con la maglietta a scacchi bianchi e rossi. E gli scandali, si sa, possono diventare uno stimolo in più. L’Italia, nel 2006, usciva da Calciopoli.
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