Boxe, dal ring al carcere andata e ritorno: Kevin Di Napoli ora sogna una cintura

Il pugile ha sconfitto, a Cinecittà, Endri Jakupi. "Al mio fianco sono rimaste poche persone: Artem e Tony Effe sono amici veri"

Boxe, dal ring al carcere andata e ritorno: Kevin Di Napoli ora sogna una cintura
di Marco Pasqua
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Domenica 21 Aprile 2024, 18:31 - Ultimo aggiornamento: 18:41

La storia di Kevin Di Napoli, pugile prima che protagonista delle vicende giudiziarie della Capitale, è ancora in divenire, è il racconto di un lungo e faticoso cammino, dal buio del carcere alle luci del ring di Cinecittà. Dalle amicizie sbagliate, con tutto ciò che ne consegue – incluse le condanne e le sbarre del carcere – alla voglia di lasciarsi alle spalle quegli errori. Nel caso di questo ragazzo, classe 1996, il risultato dei match, forse, viene dopo. Perché quello che importa, è il faro che lo guida: “Cambiare vita e ripartire daccapo”, dice.

GLI ERRORI E L'ARRESTO

Un percorso dal ring al carcere, di andata e ritorno. Lo spartiacque è il 2018. A giugno, Di Napoli – senza manager e senza sponsor – va a combattere a Caracas. Fino ad allora era stato in Nazionale e, a 19 anni, era passato al professionismo. Insomma, la classica giovane promessa del pugilato. Al suo fianco aveva Davide Buccioni, lo stesso che lo sta aiutando, adesso, a ripartire daccapo. Quello a Caracas sarà il suo ultimo match, prima dell'arresto, scattato a ottobre, una mattina all'alba. Era l'operazione Maverick. Le accuse sono pesanti, per tanti Di Napoli era “il braccio destro di Diabolik”. Una sintesi che, però, lui ritiene inesatta. Da allora, entra ed esce dal carcere, fino a quando finisce a Nola, nella comunità di recupero di San Pio. «Sto con ragazzi tossicodipendenti e carcerati, mi occupo della lavanderia», dice Kevin, che puo' ricevere le visite dai famigliari più stretti solo nei fine settimana. Pochi amici sono rimasti al suo fianco. Uno è Tony Effe, rapper amatissimo dai giovani. E poi Artem, il Pino di “Mare Fuori”. «Mi seguiva da molti anni e, a novembre 2023, mi ha proposto di andare ad allenarmi alla Picardi Boxe, a Casoria».

LA RINASCITA

E così, adesso, la routine di Kevin prevede un'ora di allenamento la mattina e due il pomeriggio, in palestra, con il permesso della polizia penitenziaria e del magistrato, ovviamente. Buccioni lo ha voluto fortemente accanto a sé a febbraio, al Palasantoro, quando ha battuto Ignazio Di Bella (dopo uno stop di sei anni) e, nei giorni scorsi, a Cinecittà, dove ha sconfitto, alla prima ripresa, Endri Jakupi. «Tornare sul ring è stata un'emozione unica, di fronte a moltissime persone, non c'era più un posto libero e ho sentito tutto il calore del mio pubblico», ammette. A Cinecittà, poi, Mauro Galvano, ex campione del mondo Wbc, collega del papà di Kevin (un passato da campione del ring anche lui), gli è voluto stare al fianco. «E' stato lui ad accompagnarmi sul ring, un peso non da poco», racconta. A bordo ring, gli amici più stretti: tra questi anche Mattia Faraoni, che gli è sempre stato vicino. «Il mio sogno è conquistare una cintura per ritrovare la mia serenità – ammette di Napoli – Voglio stabilirmi a livello mentale, cosa che non ho potuto fare in questi anni». Difficile cancellare il passato, il carcere, il tentativo di suicidio e gli episodi autolesionistici, ma Di Napoli cerca, a fatica, di guardare avanti, con la boxe. Ogni mattina, ha un unico pensiero: «Combattere, è la cosa che mi riesce meglio. E certo, voglio farlo soltanto su un ring. In passato ho sbagliato a combattere altrove». 

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