UOMO LIBERO
Ma quel fiuto non l'ha retto in eterno e a Santo Domingo, dove poi ha finito i suoi giorni da uomo libero, ci è dovuto andare per sfuggire alla giustizia che lo accusava di associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta. E un capitolo con la giustizia Gaucci l'ha aperto anche con quella sportiva. Il cavallo all'arbitro di Petritoli, l'inutile spareggio con l'Acireale di Foggia con ventimila perugini al seguito, la squalifica e la retrocessione sono capitoli dolorosi come il finale fallimento del Perugia. Gaucci non è stato mai in secondo fila. O se c'è stato l'ha fatto di passaggio. L'ingresso nell'azienda di pulizie della famiglia della moglie Veronica del Bono, la madre dei suoi figli Alessandro e Riccardo, poi trasformata da lui nella Milanese; il periodo alla vice presidenza della Roma di Dino Viola con il successivo salto a Perugia per una piena titolarità. E avrebbe voluto salire più in alto Gauccione con la scalata al Napoli: «Una platea immensa - diceva - la squadra che ha tifosi sparsi in tutto il mondo». Ma il colpo non gli riuscì. E sarebbe stata ben altra cosa rispetto alle sue proprietà della Sambenedettese, Catania, Viterbese A Perugia Gaucci, dove è stato fino al 2000 portando la squadra dalla C alla A, vincendo l'Intertoto e conquistando un posto in Uefa, ha comunque trovato un palcoscenico adeguato per farsi vedere da tutto il mondo. Per vincere, sfidare e stupire tutti. Istituzioni in primis. Federcalcio e Lega sfidate con il Perugia quando minacciò di far saltare l'ultima giornata di A con riflessi sul Totocalcio, e con il Catania quando costrinse il palazzo al varo della serie B in versione extralarge.
UN PASSO AVANTI
E che dire della proposta di tesserare la prima donna, la Prinz, per una squadra maschile? El juego de hombre titolavano all'epoca ironicamente i quotidiani del sud America. Gaucci, una donna, poi la portò in panchina, tesserando la Morace a Viterbo, prima volta assoluta. In fatto di tecnici, lui ha creato l'era Cosmi nel calcio italiano e le sue acrobazie di mercato sono roba da film. Grazie al fiuto anche dei suoi figli, ha scoperto non solo gli sconosciuti Materazzi, Liverani, Gattuso e Grosso tanto per citarne alcuni, ma i colpi internazionali annunciati in gran parte dai merli di Torre Alfina, si diceva il castello della Prima Repubblica, portano i nomi del cinese Ma, del coerano Han, dell'iraniano Rezaei, del giapponese Nakata e di Al Saadi Gheddafi il più in di tutti.
CASTAGNER E IL FILM
Da film erano la sue traversate del Curi con al braccio Elisabetta Tulliani, e i suoi sermoni ai tifosi sul ponte della Genna a due passi dal Curi nei momenti di maggiore difficoltà. Bastone e carota era il suo mondo di gestire i dipendenti. Dunque era anche molto generoso, allentava spesso i cordoni della borsa, ma pretendeva. Ferocemente. Ricorda Castagner che gli ha regalato più promozioni di tutti: «Era un martello. Tutti i giorni chiamava, tutti i giorni spronava. I giocatori li teneva sempre sotto pressione. Clamorose le sue sfuriate negli spogliatoi. E ai ragazzi dicevo: è fatto così, è impulsivo. Lasciamolo sfogare, poi andiamo per la nostra strada. Certo per una allenatore era un tormento. Con me raggiunse il massimo quando nell'intervallo di un Lazio-Perugia all'Olimpico mandò un suo uomo a dirmi che dovevo togliere Rapajc e Petrachi. Mi rifiutai e dopo mi dimisi. Quella storia ebbe un seguito e finì male, fui costretto a querelarlo per diffamazione ma gli avvocati trovarono un accordo: lui versò trenta milioni alla chiesa perugina di Ferro di Cavallo che era in costruzione. Sì, Gaucci era anche molto generoso».
Remo Gasperini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA