Rugby, il nuovo ct Conor O'Shea: «Voglio la nazionale più forte di sempre»

Conor O'Shea
di Paolo Ricci Bitti
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Martedì 24 Maggio 2016, 15:15 - Ultimo aggiornamento: 21:20
MILANO «Sono qui per fare la nazionale più forte di sempre, più di quella formidabile degli anni Novanta che ha più volte battuto l'Irlanda in cui giocavo anche io». Parole (già in ottimo italiano!), entusiasmo, sorrisi e determinazione di Conor O'Shea, 45 anni, di Limerick, nuovo ct della squadra azzurra, al primo incontro con la stampa a Milano all'Hotel Nhow. Ora è facile se non banale - come ha riconosciuto lo stesso tecnico - aprire la fontana dell'ottimismo in questi momenti, è facile mettere sotto al tappeto l'amarezza delle ultime due stagioni e, in effetti, a ogni cambio di ct risuonano proclami travolgenti che si sono poi spesso affievoliti nelle sconfitte in serie, nella resa più o meno evidente di allenatori che hanno creduto di non poter più spremere nulla dai giocatori italiani. 

Ma, insomma, per quanto ingenuo sia e anzi proprio perché di gioie ne abbiamo ultimamente vissute poche, diventa contagioso condividere il trasporto con cui il brillante ex estremo dei Verdi (35 caps) nonché l'allenatore che ha portato alla gloria gli Harlequins di Londra si è buttato nell'avventura di rilanciare non solo la nazionale, ma l'intero rugby italico. E diciamolo pure subito per  soffocare, almeno per un po', il realismo non certo luminoso che pure dovrebbe ancorare i piedi a terra: o ad O'Shea e al suo nuovo, poderoso e qualificato staff riuscirà l'impresa di riportare sopra la linea di galleggiamento la nave azzurra oppure non si sa davvero chi sarà in grado di farcela dopo di loro.

AMBASCIATORI E MODELLI
Ecco allora come il nuovo ct ha conquistato la platea a Milano in saloni trafficatissimi peraltro da modelle impegnate in mille casting. A dargli il benvenuto in Italia anche gli ambasciatori del Regno Unito, Prentice, e dell'Irlanda, Mc Donagh. Beh, due ambasciatori per il nuovo ct: non era mai accaduto.

O'Shea, due figlie di 6 e 9 anni e una moglie che dopo l'estate lo raggiungeranno a Sirmione, intanto ha debuttato con un italiano magnifico: non solo i saluti, come fanno numerose star dello sport e della politica che poi negli anni non vanno mai oltre i convenevoli, ma anche fior di concetti. Complimenti davvero: da zero a questo livello in meno di un mese. Determinazione, si è detto. E voglia di entrare subito nella testa non solo dei giocatori. Tutto proprio come ci avevano raccontato i colleghi irlandesi e inglesi, rabbuiati per aver perso un paladino sia per la capacità tecniche che per quelle di comunicazione. Il vecchio cronista direbbe «che O'Shea è uno che ti dà sempre il titolo».

IN FORMA
Forma fisica impeccabile, lavoro d'insieme con tutte le componenti del movimento a cominciare dalle due franchige Treviso e Zebre, allargamento del gruppo degli "azzurrabili", orgoglio di appartenenza a una squadra che partecipa al Sei Nazioni, valorizzazione dei talenti, costruzione di un ambiente vincente che renda sempre meno attraenti per i giocatori italiani le avventure all'estero. A domanda risponde, O'Shea, eccome se risponde. Con sincerità ed empatia.

«Io l'ultima spaggia del rugby italiano?- dice navigando in italiano anche fra le metafore - Ma perché? Guardate, ho 45 anni e ho coinvolto in questo lungo viaggio anche la mia famiglia che è ugualmente entusiasta: se non credessi davvero nelle potenzialità del rugby italiano non avrei mai accettato l'incarico. Sono convinto che mettendo a sistema tutte le risorse del movimento possiamo farlo progredire in ogni sua componente. E questo anche grazie allo staff che ho avuto la possibilità di costituire».

LO STAFF
Già, con O'Shea a Milano si è presentato una leggenda del rugby, l'inglese sudafricano di nascita Mike Catt, 45 anni e 75 caps oltre a 2 con i Lions, campione del mondo nel 2003, e già nello staff dell'Inghilterra. Si occuperà dei trequarti e della difesa mentre la mischia resta affidata - come durante il mandato di Jacques Brunel - a Giampiero De Carli, romano che da allenatore si è fatto le ossa al Perpignan.
Ad agosto poi arriverà l'irlandese Steven Aboud, l'architrave di tutta l'operazione alla cui regia ha partecipato anche il dirigente del settore tecnico della Fir, Franco Ascione. Aboud prima in Irlanda e poi in Inghilterra, paese con la mostruosa potenza di due milioni di tesserati, ha orchestrato la crescita di accademie e movimento giovanile. Sarà lui a fare non solo il riorganizzatore del sistema-rugby italiano, ma anche da cinghia di trasmissione fra O'Shea e lo stesso movimento.

Un piano illustrato dallo stesso O'Shea affiancato dal presidente federale Alfredo Gavazzi, visibilmente soddisfatto, persino sorridente.

IL PROGETTO
"Nessun avversario dell'Italia - ha detto ancora O'Shea - dovrà più contare sul fatto che verso il 60' la squadra azzurra va in riserva. Non ci sono alternative: giocherà in nazionale solo chi sarà al massimo della forma fisica perché in questo gioco il talento e le capacità tecniche non bastano mai: è sufficiente che due o tre elementi sui 15 in campo non siano adeguati fisicamente per mandare al diavolo una partita. Fitness, e lo dico in inglese perché è una parola divenuta universale, sarà l'imperativo per tutto il mio mandato".

Chiarissimo. "E poi non vedo l'ora di partire in tour (match in giugno con Argentina, Usa e Canada) per conoscere i giocatori e per lavorare insieme a Gianluca Guidi e Marius Goosen (allenatore e assistente allenatore di Zebre e Treviso)".

Mai si era visto in passato questa compartecipazione tecnica. "E presto lavorerò anche con Kieran (Crowley, neozelandese All Black, altra leggenda: è il nuovo allenatore dei trevigiani) e con i tecnici delle accademie e delle nazionali under perché si vince solo insieme".

MISSIONARIO
Insieme, insieme: è riecheggiato più volte nelle risposte del neo ct, il primo ad avere esplicitamente un mandato che va oltre la guida la nazionale. Una missione che rari suoi predecessori hanno intrapreso a livello tuttavia personale, missionari appunto come Villepreux, Forcade e Coste per non andare troppo indietro negli anni e nel rugby che era un'altra cosa.

Epperò negli anni Novanta - è stato chiesto ad O'Shea - gli azzurri hanno suonato più volte Irlanda, Scozia e Francia. "Lo so bene, lo so bene, ero in campo nel gennaio 1997 a Dublino e quella italiana era una squadra magnifica".

IL PROFESSIONISMO
Ma poi perché gli azzurri hanno stentato a crescere con costanza mentre invece l'Irlanda è salita anche nella top tre mondiale?

"E' l'effetto del professionismo (dal 1995, ndr): certi movimenti dalla più lunga tradizione erano evidentemente pronti al cambiamento, altri hanno fatto più fatica, ma adesso bisogna pensare al presente e al futuro perché, lo ripeto, credo fermanente nelle risorse del rugby italiano. Anche in quest'ultimo Sei Nazioni l'Italia ha perso un paio di partite che avrebbe potuto vincere. Il margine è stato stretto, molto stretto. Brunel mi ha lasciato un bel gruppo di giocatori e altri li troveremo scegliendo quelli disposti a dare tutto per la maglia azzurra prima di tutto raggiungendo una forma fisica impeccabile. Sono i grabndi giocatori a fare grande un allenatore".

IL BOOM
"E poi ho assistito con piacere al boom del rugby in Italia anche in fatto di tifosi e di bambine e bambine che lo praticano. E' magnifica questa vostra passione, quell'aria di festa all'Olimpico. E' una miniera di entusiasmo a cui attingere sapendo che bisogna dare risultati a tutti coloro che ci seguiranno. Il che non vuol dire certo solo vincere, ma anche progredire ogni volta".


PARISSE E CASTROGIOVANNI
"Quando parlo di passione e di orgoglio mi riferisco ad esempio a un giocatore come il capitano Sergio Parisse, uno che non accetta mai di perdere e che non si sente mai sconfitto prima di un match. Chi sarà il capitano durante il tour (Parisse resterà a riposo, ndr)  e poi da novembre? Lo so già ma prima devo parlare con i giocatori. Castrogiovanni (ora fuori rosa al Racing, il club di Parigi furioso per aver scoperto il pilone azzurro a una festa a Las Vegas con "Ibra" invece che al capezzale di una nonna morente in Argentina, ndr)? Ne parlerò anche con la federazione, non so ancora che programmi ci sono con lui?".

 


 
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