Louie Vito e l'italian job a Pechino 2022. Parla lo snowboarder americano che per onorare i nonni emigrati ha lasciato gli Usa per difendere i colori dell'Italia

Louie Vito e l'italian job a Pechino 2022. Parla lo snowboarder americano che per onorare i nonni emigrati ha lasciato gli Usa per difendere i colori dell'Italia
di Sergio Arcobelli
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Venerdì 18 Marzo 2022, 16:26

Per anni ha vestito il rosso, il bianco e il blu del Team USA, con il quale dodici anni fa conquistò il quinto posto a Vancouver 2010. Alle Olimpiadi di Pechino 2022, però, Louie Philip Vito III, 33enne cresciuto in Ohio, ha indossato il Tricolore. Dietro alla scelta di rappresentare il nostro Paese, una promessa fatta a sua nonna Filomena, che arrivò in America da giovane, così come suo nonno Louis, il quale invece sbarcò da clandestino e non venne mai naturalizzato. Entrambi si stabilirono a Rome (nomen omen!), nello Stato di New York. Sulle nevi olimpiche cinesi, la stella dello snowboard ha cercato di onorarli come meglio ha potuto. 

Louie, che esperienza è stata in Cina?

“Fantastica, tutto sommato. Ero più stressato per i risultati dei tamponi anti-Covid che per la gara. Ci si svegliava, si facevano i test, si mangiava, si andava all'allenamento e poi si tornava al villaggio per stare con gli amici. I volontari sono stati fantastici e penso che siano stati sottovalutati. Erano sempre sorridenti, salutavano e dicevano ‘ciao’ ogni volta che li incrociavi o interagivi con loro. Questo ha davvero reso l'esperienza ancora migliore”.

Come è andata la sua gara dell’halfpipe?

“Per un solo punto non mi sono qualificato alla finale. Che dispiacere. Ho fatto un errore nella mia seconda run e sono caduto sul frontside double cork 1260”.

In finale ha vinto il giovane giapponese Ayumu Hirano, nel giorno in cui Shaun White ha chiuso al quarto posto e in lacrime.

“Ayumu è uno snowboarder straordinario. Lui riesce ad essere sempre molto calmo e questo lo aiuta nelle situazioni di grande pressione. Shaun? Ci conosciamo da oltre 20 anni. Ha fatto così tanto per lo snowboard contribuendo a portarlo al punto in cui si trova oggi.

Io e Shaun ci siamo frequentati da giovani rider immaturi fino a diventare le persone che siamo oggi ed è stato fantastico vivere un'altra Olimpiade insieme”.

Ci spieghi la sua scelta di cambiare nazionalità e gareggiare per l’Italia.

“È stato un processo lungo, iniziato nel 2016. Crescendo come italo-americano, ho sempre pensato che sarebbe stato bello avere la cittadinanza di mia nonna, venuta dall'Italia. Sono stato molto fortunato a poter essere ancora competitivo così da onorare i miei nonni e la mia eredità italiana. A Pechino, per me, non si trattava solo di snowboard”.

L'Italia ha vinto 17 medaglie. C'è una medaglia in particolare che le è piaciuta di più?

“L'argento di Michela Moioli e Omar Visintin. Perché Michela era arrivata da campionessa olimpica in carica nella gara individuale ma non ha fatto podio. Eppure, si è ripresa e ha ottenuto un argento nell'evento a squadre con Omar”.

Ha sfilato nella cerimonia di apertura?

“Sì, è stato un momento emozionante. Dovete capire che non faccio parte della FISI e non ricevo alcun finanziamento, quindi la cerimonia d’apertura è stata la prima volta in cui ho indossato l’abbigliamento ufficiale. Prima delle Olimpiadi ho gareggiato per l'Italia, ma non mi sono mai sentito tale fino al giorno della cerimonia”.

Pensa di poter arrivare a Milano-Cortina 2026?

“Mi piacerebbe farlo. Non appena ho finito la mia gara a Pechino 2022, mi sono preso del tempo per sbollire la rabbia e la delusione, ma subito dopo non vedevo l’ora di tornare al lavoro per migliorare”. 

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