Buffon: «Le finali di Champions non sono una ferita. C'è un errore che non rifarei»

Il capo della delegazione della Nazionale: «Se riesci a farla tua, non ti molla più. Rappresentare l'Italia la soddisfazione più grande»

Buffon: «Le finali di Champions non sono una ferita. C'è un errore che non rifarei»
4 Minuti di Lettura
Sabato 10 Febbraio 2024, 12:17

Gianluigi Buffon è tornato a parlare del suo passato in occaisone dell'evento "Campioni sotto le stelle", che si è tenuto al Forum di Biella. L'ex portiere della Juventus, ora capo della delegazione della Nazionale italiana, ha rispolverato i ricordi che lo hanno accompagnato. Dagli inizi della carriera, alle finali di Champions League, l'ex numero 1 dell'Italia e del Parma si è raccontato, passando anche per il ritiro al calcio giocato.

Sulla Juventus

Il racconto è partito dalla Juventus, la squadra che lo ha consacrato tra i grandi del calcio e in cui haa giocato gran parte della sua carriera: «La Juve stata la mia vita calcistica, ho dei ricordi bellissimi di una crescita sia dal punto di vista umano che sportivo. L'universo Juve manda a soqquadro le tue certezze, però nel momento in cui riesci a farlo tuo non ti mollerà mai». Poi l'ex portiere ha continuato parlando dell'Italia: «Quella maglia dell'Italia è stata la soddisfazione più grande. Rappresentare l'Italia voleva dire mettere d'accordo tutti. Il mio obiettivo era concludere con il Mondiale, sarebbe stato il sesto, ma purtroppo la vita non ha voluto. Non sono neanche arrabbiato. Mi piacciono il bianco o il nero o il bianco e nero insieme. Ho lasciato a 40 anni perché dietro c'era un portiere molto forte come Donnarumma, mi sembrava la cosa più logica».

Con lui tra i pali, i bianconeri hanno raggiunto anche le finali di Champions League che rappresentano una cicatrice nel cuore di molti tifosi, ma non per Buffon: «Non è mai stata una ferita per me, ma piuttosto lo stimolo per battermi ogni anno per qualcosa di estremamente grande.

Se poi devo fare un discorso generale che tocchi il mondo Juve, compagni e dirigenti, mi è dispiaciuto tanto per loro e per i tifosi che da trent'anni più o meno aspettano questa coppa. Per me giocare in Champions era una gioia già quello, vincerla sarebbe stato la chiusura di un cerchio, ma non mi interessa»

Sulla scelta di fare il portiere

Gigi ha svelato a tutti i presenti gli inizi della sua carriera: «Nella mia squadra dilettantistica giocavo centrocampista, ma con amici mi cimentavo anche da portiere e di tanto in tanto mi riuscivano cose fuori dal comune. Questa cosa l'aveva osservata bene mio padre. Solo che a me piaceva fare goal, esultare, determinare la partita e quando sei bimbo determinarla significa fare goal, non evitarlo. Ho deciso di fare il portiere dopo l'infatuazione per N'Kono, ma all'inizio doveva essere solo un prendersi un anno di riposo e soddisfare una curiosità».

Poi, l'ex portiere ha continuato parlando dei rimpianti: «Mi piace pensare che la mia imperfezione dia agli altri un'idea di umanità e mi renda vicino alla gente. Di errori ne ho fatti parecchi, soprattutto quando ero giovane. Quello di cui vado meno orgoglioso è di essermi comprato a 18 anni il diploma, non lo rifarei perché c'è una nota di scorrettezza e scorciatoia e io non sono mai stato uno da scorciatoie».

Sul ritiro

Il momento del ritiro per un calciatore è molto difficile e Gigi ha voluto parlare di quando ha capito che avrebbe dovuto appendere i guantoni al chiodo: «Ho deciso di smettere nel momento esatto in cui a Cagliari mi sono stirato il polpaccio nello spareggio playoff. Era la seconda volta in un anno e ho capito che era meglio fermarsi. Sono infortuni che a una certa età si ripetono nel tempo e con questa discontinuità, tra l'allenarsi e trovare la routine, ho sentito che mi divertito ancora sì, ma non giocando a singhiozzo».

© RIPRODUZIONE RISERVATA