Pecorelli: «Non sono un assassino, ho paura del carcere»

Il naugrafo di Montecristo chiede il proscioglimento

Davide Pecorelli
di Enzo Beretta
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Venerdì 1 Marzo 2024, 08:23

Ha paura, comprensibilmente, Davide Pecorelli. «Otto anni di carcere in Albania? Sono terrorizzato soltanto all’idea». Otto anni di reclusione, infatti, è la richiesta di condanna avanzata dalla Procura di Puke nei confronti dell’imprenditore tifernate che il 6 gennaio 2021 si è finto morto carbonizzato in un’auto per poi montare su un gommone a cercare un inesistente tesoro di monete al largo dell’Isola di Montecristo. Pecorelli viene ritenuto responsabile dei reati di truffa, vilipendio delle tombe, azioni che impediscono la scoperta della verità, distruzione della proprietà mediante incendio e attraversamento illecito del confine. Dopo la dura requisitoria del pubblico ministero - chiesti otto anni, che sarebbero stati 12 se non avesse scelto di essere giudicato con rito abbreviato - il suo avvocato albanese ha chiesto per lui il proscioglimento dall’accusa più grave ossia quella legata alla truffa aggravata. «Confido nel giudice, questo sì, la truffa è inesistente e nel nostro ordinamento non sarebbe nemmeno contemplata - spiega il 49enne, raggiunto telefonicamente -. Non sono un assassino, ho sbagliato e pagherò per i miei errori, come ho fatto tante altre volte nella mia vita, ma una condanna così pesante non la ritengo oggettivamente giusta. Ho paura del carcere, non ci sono mai stato, hanno chiesto di condannarmi a otto anni di galera in Albania… ma io non sono un criminale e tremo soltanto al pensiero». 

Secondo quanto si apprende il proscioglimento per l’accusa di truffa è stato motivato sulla base dell’insussistenza del reato.

L’imprenditore di Selci Lama, ex arbitro di calcio, quando ha simulato la sua morte stava vivendo un periodo di grandi difficoltà economiche legate ai suoi affari nel mondo della parrucchieria e della cosmetica, il business era crollato anche a causa del Covid e delle restrizioni che il virus ha portato con sé, per questo motivo nel tentativo disperato di venirne fuori aveva deciso di fingersi morto in un incidente stradale. In Albania ha noleggiato una Skoda Fabia, l’ha cosparsa di benzina e l’ha incendiata nel paese di Skutari in una zona isolata all’ora del tramonto. Per far sembrare vero l'incidente ci ha buttato dentro il suo orologio Jaguar, il telefonino e qualche ossicino portato da un fantomatico prete di cui non ha mai rivelato il nome. L’obiettivo numero uno, in questo momento, è quello di evitare di finire dietro le sbarre. Se viene giù l’accusa di truffa - Pecorelli ha risarcito il danno provocato alla società di autonoleggio alla quale bruciò l’auto e i legali sperano che il giudice tenga conto di questo elemento - potrebbe incassare una pena bassa per le altre contestazioni. In questo modo, se la condanna sarà inferiore ai quattro anni, potrebbe spuntarla con qualche misura alternativa alla detenzione in carcere. L’Albania ha chiesto all’Italia la sua estradizione: l’udienza davanti ai giudici della Corte d’appello di Perugia è in programma per il 28 maggio, la Procura generale ha già espresso il proprio parere favorevole alla consegna alle autorità albanesi. 

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