La Fiat Punto nera, le tracce di sangue, le nuove indagini su Filippo Turetta. Cosa succede adesso? Il 22enne aveva preso degli appuntamenti con uno psicologo della sanità pubblica nei mesi scorsi ma, a parte il primo incontro, a settembre, non si sarebbe mai presentato ai successivi. Il giovane, reo confesso dell'omicidio di Giulia Cecchettin, si sarebbe presentato ad una prima visita a settembre, non alle altre, calendarizzate a ottobre e, l'ultima, il 17 novembre.
Turetta, la Fiat e il sangue
In quella data Filippo era già latitante da una settimana, con la polizia di mezza Europa alle calcagna.
LE PRESSIONI DI FILIPPO
Gli investigatori potranno inoltre analizzare il telefono rinvenuto nell'auto, che potrebbe essere quello di Giulia. Resta in calendario anche un incontro tra Carabinieri e le forze dell'ordine tedesche e austriache, per una ricostruzione puntuale dell'itinerario seguito da Turetta nella fuga dall'Italia. Nel frattempo escono altre conferme sul pensiero "tossico" che guidava Filippo nelle ultime fasi del rapporto con l'ex fidanzata. Nei messaggi che inviava prima della scomparsa di Giulia, Turetta faceva continua pressione sulla sorella di lei, Elena, perché la convincesse a rispondergli. «Ciao scusa, puoi far accendere il telefono alla Giulia e farglielo lasciare acceso?», scriveva a Filippo. E quando poi Elena rispondeva con un secco «no», aggiungeva: «Perché?! Non è giusto, non può non cagarmi per tutte ste ore. Mi aveva promesso ieri che mi scriveva durante la giornata... Dille almeno che le ho scritto». Filippo è rinchiuso nella sezione infermeria del carcere veronese di Montorio, controllato per prevenire il rischio di gesti autolesionistici. La Procura di Venezia non prevede per ora nuovi interrogatori.
Turetta e il disturbo borderline di personalità, i segnali condivisi dagli psicologi
I GENITORI
La perizia psichiatrica - se verrà chiesta al gup, o nel corso del dibattimento - è un'arma che la difesa valuterà più avanti. In ipotesi, la difesa potrebbe chiedere al giudice una perizia per stabilire lo stato mentale dell'imputato al momento della commissione del fatto. Questo per comprendere se l'attuazione del reato sia stata condizionata o meno da una condizione psicopatologica, o una seppur parziale incapacità di intendere e di volere nel momento del fatto. Cosa che potrebbe aprire la strada alle attenuanti, per evitare la pena massima dell'ergastolo. Delle parole sul «difficile perdono» dette dal papà di Giulia, Gino Cecchettin, parleranno forse i genitori di Filippo, Nicola ed Elisabetta, quando torneranno a incontrare il figlio in carcere. Il parroco di Torreglia, don Franco Marin, uno delle poche persone in contatto con i Turetta, ha spiegato che i genitori hanno provato grande rammarico per non aver potuto partecipare, causa l'enorme pressione mediatica, ai funerali della ragazza. Quanto alla riflessione del papà di Giulia sul perdono e la citazione evangelica, il sacerdote ha detto: «Non farei l'esegesi delle parole di Gino Cecchettin sul perdono. Sul passo di Gesù e i suoi carnefici: io ho colto il 'cuorè di quel messaggio, la necessità della compassione, di patire con chi sta patendo».