«I ragazzi Cambridge fuori, gli altri restano in classe». Succede due o tre volte a settimana, all’istituto comprensivo “Nicolini” di Capranica. Dove per Cambridge si intente il progetto avviato nelle prime di elementare e media, per frequentare il quale i genitori hanno tirato fuori circa 500 euro. Il problema? «Lo fa personale esterno durante le ore di orario scolastico: è una discriminazione perché c’è chi non se lo può permettere». Ad alzare il velo sul malcontento è la madre di uno di questi alunni-studenti, che si fa portavoce anche di alcune altre.
Il progetto è partito nelle prime classi sia dell’elementare che della media, circa 10 su 16 nel primo caso, 15 su 60 nel secondo. I 500 euro sono pagabili in tre rate, peraltro molto ravvicinate: l’ultima proprio in questi giorni. «Quando era stato proposto - dice la mamma - all’inizio non si sapeva come sarebbe stato gestito. Era stato fatto prima un sondaggio». Dopodiché il Cambridge - ovvero le lezioni in inglese - è iniziato. «In ogni classe ci sono studenti che lo frequentano e altri che non se lo possono permettere o non vogliono seguirlo. Oltre alla discriminazione viene penalizzata anche la didattica: chi ha pagato esce, gli altri restano a fare lezione in italiano».
Le reazioni sono diverse: a 6 anni non è come quella di chi ne ha 11. «Se ci restano male? Certo - continua - non riescono a capire perché c’è chi segue quelle lezioni e chi invece non può farlo. È una cosa discriminante, va contro l’articolo della Costituzione sulla scuola, che deve abbattere le diseguaglianze sociali e rimuovere gli ostacoli».
Piovono domande. «È personale esterno che viene pagato per fare lezione in una scuola pubblica durante l’orario scolastico: è specializzato anche in pedagogia? I voti chi li mette, l’esterno o l’insegnante? È una scuola pubblica o di élite? Una classe a parte sarebbe stato ugualmente brutto, ma meglio di così». Eppure per anni le cose qui erano andate diversamente. «La scuola si era distinta con dei corsi di musica gratuiti nel pomeriggio, erano un fiore all’occhiello. Ora invece c’è questa discriminazione».