SCONFITTA ANNUNCIATA

Expo 2030, la delusione del giorno dopo tra rimpianti e attacchi: Roma tradita dall'europa, il voltafaccia di Albania e Tunisia

Smentite le previsioni diplomatiche della vigilia che secondo il comitato promotore assegnava alla Capitale una cinquantina di voti: alla fine ne sono arrivati solo 17 mentre Riad ha trionfato con 119. Busan seconda con 29.

Expo 2030, la delusione del giorno dopo tra rimpianti e attacchi

Renzi: "Figuraccia diplomatica, il nostro Paese non lo merita"

«Le cose che dicevo isolato quattro anni fa sull'Arabia Saudita adesso le dicono tutti. Un politico per me ha il dovere di vedere le cose prima degli altri. Quel Paese sta vivendo una trasformazione impressionante e per come li conosco so che siamo solo all'inizio. Non mi stupisce il trionfo di Riad». Lo dice Matteo Renzi alla 'Stampa'. E come ha preso la sconfitta italiana? «Sono sconvolto per la Caporetto diplomatica di Roma. La Farnesina ha fatto una figuraccia che non merita. Forse Tajani dovrebbe seguire qualche dossier anziché vivere in campagna elettorale permanente -dice il leader di Iv-. Penso sia chiaro a tutti che Meloni non ha alcun peso nelle dinamiche internazionali: viene bene nelle foto, ma quando si tratta di fare sul serio l'Italia viene sorpassata persino dalla Corea. E siccome l'ultimo Expo l'abbiamo organizzato noi, dopo che se lo era conquistata da sola Letizia Moratti, da italiano oggi dico che il nostro Paese non si merita figuracce come questa. Si può perdere, ci sta. Ma arrivare terzi con 17 voti significa fare la figuraccia diplomatica più meschina della nostra storia recente. Quanto a Roma, fossi in Gualtieri mi darei una smossa: la città non va, è tempo di cambiare. Spero che la sconfitta dell' Expo serva a invertire la

Il ministro Urso: "Sconfitta prevedibile"

La bocciatura della candidatura italiana per Expo 2030 era «purtroppo un risultato in larga misura prevedibile, perché siamo partiti tardi». Così il ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso a Annalisa Chirico a Ping Pong su Radio Uno. «Siamo partiti tardi: il governo Conte e la sindaca Raggi decisero di proporre in ritardo questa candidatura come una sorta di ripiego a fronte del rifiuto delle Olimpiadi per Roma che forse sarebbero state un obiettivo più facilmente raggiungibile anche perché Expo la avevamo già avuta a Milano nel 2015».

Guido Bertolaso: "Da romano mi sento umiliato"

«Oggi vediamo gli alibi che vengono fuori ma neanche un aborigeno avrebbe votato per Roma, la più bella città del mondo che è stata ridotta come una discarica a cielo aperto e nessuno chiede scusa e pensa anche di andarsene di notte lasciando il disastro che ha combinato in questi anni».

Così l'assessore al Welfare di Regione Lombardia ed ex capo della Protezione civile Guido Bertolaso ha commentato la sconfitta di Roma ad ospitare Expo 2030, parlando dal palco dell'inaugurazione del nuovo Proton Center allo Ieo.

«Siamo arrivati a questa umiliazione che da cittadino romano mi avvilisce e mi provoca anche molta rabbia - ha aggiunto - .Come cittadino romano oggi non posso non manifestare la mia grande umiliazione per la scelta che è stata fatta ieri. Per la scelta che è stata fatta e per come è stata fatta, per il ruolo riservato alla mia città che amo come la mia famiglia. Questo mi ha addolorato parecchio». Bertolaso si è poi rivolto al sindaco di Milano Giuseppe Sala seduto in platea: «Vediamo oggi qui con noi il nostro sindaco che è stato grande protagonista di una vicenda storica per il nostro paese come quella di Expo di Milano - ha concluso -. Io come capo della protezione civile e lui come responsabile dell'organizzazione ci siamo sentiti un po' parte di questa grande avventura».

Il presidente sudcoreano, Yoon Suk-Yeol, si è scusato davanti al Paese per il fallimento di Busan: "Colpa mia"

Il presidente sudcoreano, Yoon Suk-Yeol, si è scusato davanti al Paese per non essere riuscito a far eleggere Busan come sede dell' Expo 2030, assumendosi la responsabilità del risultato ottenuto dalla città del sud-est, arrivata seconda con 29 voti dietro Riad (119), ma davanti a Roma (17). «Le nostre previsioni basate sui contatti avuti dal settore privato e pubblico si sono rivelate lontane dal vero», ha detto davanti ai giornalisti nell'ufficio presidenziale, secondo quanto riporta l'agenzia Yonhap. «Offro le mie scuse sincere per aver deluso i nostri cittadini, compresi quelli di Busan. È tutta colpa mia», ha detto.

Francesco Rocca: "Risultato non bello, ma non dimentichiamo che Milano ha ospitato da poco l'Expo"

La sconfitta della candidatura di Roma per Expo 2030 «è stato un risultato non bello. Intanto, ci dimentichiamo che l'Italia con Milano ha ospitato una edizione dell' Expo solo pochi anni fa, nel 2015. La strada, quindi, era in salita e probabilmente quando è stata lanciata la candidatura si doveva considerare meglio questo aspetto. Poi sicuramente il fattore degli investimenti sauditi ha fatto la parte del leone. Inoltre, credo ci siano stati dei fattori di geopolitica che nelle ultime settimane hanno influito sul risultato». Lo ha detto il presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, interpellato a margine del Consiglio regionale del Lazio.

Alemanno: "Profondamente dispiaciuto, qualcuno dovrà pagare"

“Sono profondamente dispiaciuto per la nostra Città, che non meritava questa umiliazione.

Non solo non ci siamo aggiudicati Expo’ 2030, ma Roma è arrivata ultima con pochissimi voti, solo 17 su 165. Come è stata possibile questa umiliazione per una città così famosa e ammirata nel mondo? Chi ha sbagliato, nel progetto della sede o nella promozione della candidatura? Oppure si è stati velleitari nel lanciare e mantenere fino in fondo la candidatura di Roma? Tutto questo non può passare senza conseguenze, continuando a tenere il Campidoglio in quel limbo per il quale – grazie alla protezione di sinistra dei grandi giornali – il Sindaco e l’Amministrazione non sono mai colpevoli di niente. Anche il Governo deve spiegare come è stato possibile che la nostra Capitale nazionale sia stata lasciata andare verso questa catastrofe senza nessuna precauzione e cautela. Che bisogno c’era di affrontare questa avventura quando fatichiamo anche a prepararci al Giubileo del 2025? Rimane l’amarezza e il paradosso negativo di essere andati a perdere per l’Expo, quanto per due volte abbiamo volontariamente e incomprensibilmente rinunciato a portare la candidatura di Roma alle Olimpiadi, la candidatura 2020 per colpa di Monti  e la candidatura 2024 per colpa della Raggi”, ha dichiarato Gianni Alemanno, ex-sindaco di Roma e Segretario nazionale del Movimento Indipendenza

Quei voltafaccia di Albania e Tunisia. L’ira di Massolo: «È successo qualcosa»

di Francesco Bechis

«È una serataccia». Metà pomeriggio, Palazzo Chigi. Sono passate da poco le cinque quando il tabellone del Bureau international des Expositions (Bie) di Parigi dà forma allo scenario peggiore. Riad prima, Roma terza, con 17 voti. Una doccia gelata. Giorgia Meloni non parla. Ci pensa il ministro degli Esteri Antonio Tajani a rompere il silenzio, con diplomazia: «Avevamo competitor fortissimi, lo sapevamo».

E fair play: «Saremo presenti anche a Riad, con un padiglione che farà effetto anche lì». «Deve prevalere l’esigenza di andare avanti, di migliorare la Capitale», dice Andrea Abodi, l’unico ministro inviato a Parigi (e anche questo è stato un segnale). Il silenzio pubblico della premier, a ben vedere, parla eccome. «Serataccia», commentano sbrigativi dal suo staff. Si è spesa non poco, la leader del governo, nel perorare la causa dell’Expo Capitale. La rete diplomatica in Europa e oltre: Africa, Asia, Stati Uniti.

Le passeggiate romane con gli ispettori del Bie, le telefonate con Ursula von der Leyen. Il blitz a Parigi lo scorso giugno, l’ultimo, con un’accorata arringa davanti ai 182 delegati del Bureau: «Votate Roma». Una serata chiusa con una fiabesca festa all’ambasciata italiana, tra giochi d’acqua, quartetti d’archi, la voce di Elisa che squarcia la brezza primaverile. Anche allora, al governo tutti davano la partita per Expo 2030 più che in salita. Battere la concorrenza saudita è sempre stata una chimera. Eppure nessuno aveva preventivato un risultato così deludente.


I conti scritti a matita dai diplomatici italiani fotografavano un consenso per l’Italia tra le 40 e le 50 preferenze. Quanto sarebbe bastato per costringere i sauditi al ballottaggio e giocarsi tutto in finale. Qui, grazie a un patto segreto siglato con i sudcoreani nella Capitale, Roma e Busan si sarebbero date una mano: chi fosse rimasta fuori avrebbe provato a spostare il suo “pacchetto” di voti sulla concorrente in gara. Ma i sauditi hanno vinto tutto, al primo tentativo. Chissà che il sostegno last minute per Roma annunciato da Israele non abbia favorito il boicottaggio dell’ultimo minuto degli Stati musulmani, riflettono dalla delegazione italiana.

 
LO SFOGO
«Mi viene da pensare che qualcosa sia successo nell’ultimo miglio», si sfoga il presidente del Comitato promotore Giampiero Massolo, «ma non accuso, non ho prove». L’irritazione è palpabile: «Se si afferma il principio della deriva mercantile, oggi nell’Expo, poi magari un mondiale o le olimpiadi, non vorrei si arrivasse alla compravendita dei seggi al Consiglio di Sicurezza. L’Italia e l’Europa non ci devono stare».

I conti non tornano neanche alla premier, che nei tanti bilaterali degli ultimi mesi si è sempre spesa chiedendo il sostegno ad Expo. Che fine hanno fatto i voti promessi? C’è un giallo europeo, in questa conta ex-post. Passi la Francia di Emmanuel Macron, che da mesi e senza troppo pudore si era promessa a Riad. Ma gli altri? Possibile che i Paesi Ue abbiano voltato le spalle all’ultimo a Roma, che proprio la Commissione Ue ha definito una «candidata europea»?

I numeri non mentono: con diciassette preferenze, le defezioni sono state diverse anche fra i vicini di casa. E pensare che in tanti, dall’Olanda di Mark Rutte alla Germania di Scholz, avevano giurato: «Siamo con voi». «Qualcosa è successo», dice ora Massolo e gli stessi dubbi agitano i piani alti del governo. C’è un nodo diplomatico.

Quale dei tanti Paesi africani interessati dal Piano Mattei, la roadmap di investimenti energetici del governo Meloni, ha cambiato idea nell’urna dopo tante promesse? E cosa li ha convinti?
I sospetti si concentrano, fra gli altri, sulla Tunisia di Kais Saied. Il Paese magrebino per cui si batte da mesi l’Italia targata Meloni, tra accordi sui migranti e fondi europei, non ha votato per l’Italia, riferiscono fonti diplomatiche. E così anche avrebbe fatto l’Albania di Edi Rama, il presidente “fratello d’Italia” che pure ha molto scommesso sui legami con il centrodestra di governo italiano.

Realpolitik, si dirà. Ma la delusione è cocente. Nel pomeriggio da Palazzo Chigi dettano la linea comunicativa: puntare tutto sul Pnrr e la quarta rata approvata dall’Ue. Sono 16 miliardi di euro, meno dei cinquanta di indotto previsti per l’Expo. Ma questi arriveranno di sicuro. 
 

di Francesca Pierantozzi da Parigi

Alle 17 e 20 di ieri compare sullo schermo della sala stampa del Bureau International des Expositions la conta impietosa dei voti: 119 a Riad, 29 a Busan, 17 a Roma. Si chiude la corsa per l’Expo 2030 senza nemmeno il bisogno del ballottaggio. L’Expo va a Riad senza se e senza ma. Polverizzate anche le più rosee - o più nere, dipende naturalmente dalla città da cui si guarda - previsioni della vigilia: Riad prende più del 70 per cento dei voti, Roma solo terza. Il gruppo dei sauditi assiepati davanti al grande schermo esplode come a un gol della nazionale alla coppa del mondo. Abbracci e baci e poi intonano un inno tradizionale. «Le parole dicono che Riad fu scoperta, e divenne grande» spiegano agli spettatori romani e sudcoreani. La delegazione romana non nasconde né amarezza né delusione. 

I sospetti

Difficile anche il fair play davanti alla vittoria schiacciante della candidata che ha condotto la campagna più aggressiva, a colpi nemmeno tanto velati di accordi o promesse di accordi economici e cooperazione in giro per il mondo, riuscendo a convincere il pur europeo Macron. 
«Noi abbiamo giocato secondo le regole della comunità internazionale - ha detto l’ambasciatore Giampiero Massolo, presidente del comitato promotore». L’Ue «non è stata compatta sulla candidatura di Roma», chiosa da Parigi il presidente di Unindustria Angelo Camilli. Né a Massolo, né al sindaco di Roma Roberto Gualtieri tornano i numeri.

Fino alla vigilia del voto «nessuno si aspettava una vittoria di così grandi proporzioni - rincara Massolo». Gualtieri esprime l’amarezza: «Tutti hanno sempre riconosciuto la bellezza del nostro progetto, gli ispettori venuti a Roma ci hanno detto che era il migliore, ma non votano gli ispettori, votano gli ambasciatori…».

L’aria si era capita già parecchio prima del voto. Sono le 4 del pomeriggio e la festa saudita è già pronta. «Siete invitati tutti, saremo in place Vendome» dice Abdullah. Lavora al ministero dell’Informazione saudita. Ride e scherza con due colleghi nella sala stampa del Bie, al termine delle ultime presentazioni delle tre città candidate in gara.

Il voto dei 182 delegati membri del Bie (alla fine i votanti saranno 165) è previsto dopo più di un’ora, ma i tre ragazzi con la Kefiah non mostrano dubbi sul risultato. Che Riad possa perdere l’Expo 2030 è un’ipotesi che pare non essere nemmeno presa in considerazione. Sono felicemente pronti a scommettere che passeranno al primo turno e distribuiscono inviti alla festa organizzata in anticipo senza alcuna scaramanzia, «proprio accanto al Ritz». Fuori, la strada che dalla fermata della metro Mairie d’Issy, capolinea della linea 12, porta alla sede del Bie è stata fin dal mattino l’epicentro di una festa esotica.

Siamo al centro di Issy-les-Moulineaux, comune residenziale alle porte occidentali di Parigi, ma sembra di stare da un lato in Corea del Sud, e sul marciapiede di fronte in Arabia Saudita.

I sudcoreani esibiscono una fiducia quasi contagiosa. Sono riusciti addirittura a far cambiare nome al bistrot sulla piazza: “Busan Bistrot” si legge su un’insegna nuova di zecca. Ovunque le mascotte della città: un gabbiano gigante e gonfiabile. E soprattutto una folla di sudcoreani venuti a fare il tifo per la candidatura: bevono e cantano.

 

L’opa saudita

I sauditi hanno optato per la tecnologia, lungo la stretta avenue Victor Cresson emergono palme di plastica multicolore (si direbbero i colori dell’arcobaleno Lgbt, ma l’interpretazione pare azzardata) e una serie di camionette tappezzate con schermi led. A un certo punto il segretario generale Kerkentzes è addirittura costretto a intervenire per far sgombrare la hall del Bie dai non accreditati, per evitare “assalti” dell’ultimo minuto ai delegati che affluiscono dalle auto scure. Gli addetti della sicurezza sembrano presi un po’ alla sprovvista, gli impiegati all’ingresso ammettono di aver raramente visto tali tumulti a un voto dell’Assemblea Generale. 

Gli ultimi appelli

L’intera organizzazione sembra essere più in mano ai sauditi che ai francesi del Bie, gestiscono gli ingressi, entrano in massa nella sala dell’Assemblea Generale. Ce la mettono comunque tutta le tre donne testimonial dell’ultimo appello per Roma 2030, Trudie Styler in Sting, che racconta i suoi oltre 40 anni di amore per l’Italia («bussi e ti aprono sempre la porta»), poi emozionatissima Sabrina Impacciatore, che recita una poesia di Erri de Luca e infine l’entusiasmo totale di Bebe Vio, che chiama sul palco tutta la squadra che ha lavorato in questi tre anni. Con un video dice un’ultima parola anche la premier Giorgia Meloni, esalta «Roma, prima megalopoli della storia» un’expo «in cui ogni nazione troverà il suo spazio» e un progetto che prevede «il più grande parco urbano solare mai costruito». Ma soprattutto resterà il breve messaggio del nostro Jannik Sinner, reduce dalla Davis, parla dalla sua camera, armadio in un angolo: «Non rinuncio mai, qualsiasi sia il risultato di una partita». 

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