Rugby, Sei Nazioni, la battaglia azzurra per l'onore contro la colossale Inghilterra

Rugby, Sei Nazioni, la battaglia azzurra per l'onore contro la colossale Inghilterra
di Paolo Ricci Bitti
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Domenica 26 Febbraio 2017, 10:05 - Ultimo aggiornamento: 15:43

dal nostro inviato
LONDRA Le premesse per fare una bella figura oggi con l'Inghilterra a Twickenham ci sono tutte: secondo l'autorevole Stuart Barnes del Times basta che gli azzurri perdano con uno scarto inferiore a 68 punti. Lo stesso ct inglese, ovvero il nippo-australiano Eddie Jones che finora ha vinto la bagattella di 15 partite su 15, pare ondivagare: prima ha chiesto ai suoi colossali ragazzoni di «annientare gli azzurri» poi ha detto che questa Italia va aiutata a crescere dalle grandi potenze ovali soprattutto dopo che si è «saggiamente affidata a tecnici come O'Shea, un ottimo organizzatore e motivatore, e a Venter, un maestro supremo delle tattiche difensive moderne» per poi ammettere infine di sentirsi come tutti gli allenatori costantemente esposto, anche alla vigilia di match ritenuti facili come quello di oggi, all'implacabile legge dello sport in cui si fa presto a precipitare dall'Empireo: «Uh, come mi ha rattristato la notizia di Ranieri licenziato dal Leicester, neppure un'impresa come la sua gli ha evitato un'umiliazione».

ANTONIO CONTE E MOURINHO
Jones, poi, è un tipo che deve davvero amare il calcio, di solito sempre un po' tenuto a distanza dai rugbysti: ha ospitato ai raduni della nazionale il collega ct Southgate, e anche Conte, del Chelsea. Di più: siccome nel mirino di Jones, dopo gli antipasti a base di Grand Slam nel Sei Nazioni, c'è la vittoria della coppa del mondo 2019 (toh, nel suo Giappone) e siccome sarà quindi necessario battere gli All Blacks, il ct inglese si è ispirato con trasparenza anche a Josè Mourinho e ad Alberto Mendez-Villanueva e al metodo, messo a punto dal secondo e portato all'eccellenza dal primo, delle periodicizzazioni.

Ovvero le quattro fasi in cui si può dividere una partita, di calcio o di rugby o pure di basket: la difesa, l'attacco, il passaggio dalla difesa all'attacco e il passaggio dall'attacco alla difesa. E in allenamento queste fasi vengono provate fino al parossismo, riducendo al massimo i tempi di reazione dei giocatori sottoposti così a pressioni inimmaginabili fino a poco tempo fa.

THE E PASTICCINI
Fate conto che adesso un inglese rischia la maglia se impiega più di tre secondi per rientrare in gioco dopo aver effettuato o subìto un placcaggio. Tre secondi! E con impatti contro camion che tramortirebbe un toro. "Prima c'era qualche giocatore che prima di alzarsi prendeva un the con i pasticcini" ha sentenziato Jones brandendo il cronometro. Adesso gli inglesi, secondo lui, sono ancora più lenti del 7% rispetto agli All Blacks. E poi Jones è intervenuto persino nel lessico ovale: i rincalzi, i panchinari, insomma, sono stati elevati al rango di "finisher", si potrebbe tradurre i "risolutori finali" anche se ricorda atmosfere da Pulp Fiction di Tarantino. In altre parole anche gli 8 di riserva sono coinvolti come non mai nella costruzione del match e nella sua trama.

"E poi - chiude Jones - c'è molto da imparare dal calcio anche in fatto di mentalità agonistica".

Ecco, oggi, sotto le nuvole cenere che dovrebbero risparmiare la pioggia agli 82mila fedeli (6mila gli italiani in trasferta), sarà soprattutto una questione di mentalità. «Siamo stati feriti dal modo in cui l'Irlanda ha stravinto a Roma e vogliamo dimostrare di meritare rispetto dai più forti del Sei Nazioni e, probabilmente, del mondo», hanno detto all'unisono il capitano Parisse e il ct O'Shea sabato dopo l'ultimo allenamento sul prato smeraldo della Fortezza . «Rispetto» sarà la moneta giusta per valutare il match, perché tutto il resto è spudoratamente sbilanciato in favore dei padroni di casa (la vittoria azzurra è pagata da 20 a 50 volte...), dei padroni del rugby che mai l'Italia ha battuto come le è invece capitato, sia pure di rado, con Scozia, Francia, Galles e Irlanda.

«Rispetto» anche perché questa partita arriva dopo due settimane di discussioni fondate quanto quella sul sesso degli angeli.

IL SESSO DEGLI ANGELI
«L'Italia merita di restare nel Sei Nazioni? Un meccanismo di promozione-retrocessione? Mah dice Parisse Fermo restando che Georgia e Romania meritano massima considerazione e devono essere messe a confronto con squadre di prima fascia, state certi che di tutto ciò a noi giocatori non importa nulla. È aria fritta. Mi ricordo che qualche anno fa qualcuno ipotizzò persino di includere l'Argentina nel Torneo (lungo sospiro). A noi bruciano le tre mete subite in 12 minuti dall'Irlanda all'Olimpico, quelle sì. E' per questo che contro l'Inghilterra daremo l'anima per non concedere nulla e per dimostrare i nostri progressi. Poi, una vittoria dell'Inghilterra è nell'ordine delle cose, mentre un nostro successo non significherebbe certo la soluzione dei problemi del rugby italiano per i quali Conor sta lavorando». Problemi che sfociano nell'attuale serie nera degli azzurri, ko nelle ultime 9 partite del Torneo in cui non vincono dal 2015 (Edimburgo).

«VALUTATEMI FRA 18 MESI»
E nella cattedrale di Twickenham non sembrano proprio tempi da miracoli anche se al ct dell'Italia brillano gli occhi pensando a quel prato sul quale, con la maglia col trifoglio, vinse nel 1994: «Resto arciconvinto del valore di questo gruppo. Ogni mattina, io che pure sono irlandese, mi alzo con un solo obiettivo: fare crescere il rugby italiano. Non voglio altro perché una nazione con l'Italia merita un buon rugby. Il lavoro che ci aspetta è enorme, ma non mi nascondo: fra 18 mesi, l'ho detto anche a Sergio (Parisse), valutate se sarò adatto per questa missione. Intanto venerdi ho incontrato Danny allo Stoop e gli chiesto se magari, così, per sbaglio, ci passa un pallone (risata)”.

UN "FIGLIO" RIVALE
Danny è Danny Care, mediano di mischia inglese che considera un padre O’Shea, per lunghi anni suo ex allenatore agli Harlequins di Londra. Jones l’ha promosso titolare con un accenno di perfidia, ma del resto lui può contare su almeno tre nomi per ogni ruolo. Vediamo invece come se la caverà in regia Tommaso Allan, anche lui pescato dalla panchina da O’Shea: lui poteva diventare nazionale forse con l’Inghilterra, sicuramente con la Scozia e invece ha scelto l'Italia dov'è è nato (senza cicatrici sulla fronte come certri maghetti inglesi, ma insomma) grazie alla mamma, l'azzurra (di rugby, va da sé) Paola Berlato di Vicenza. Una rarità nella rarità.


LE FORMAZIONI
Inghiterra: 15 Mike Brown, 14 Jonny May, 13 Ben Te’o, 12 Owen Farrell, 11 Elliot Daly, 10 George Ford, 9 Danny Care, 8 Nathan Hughes, 7 James Haskell, 6 Maro Itoje, 5 Courtney Lawes, 4 Joe Launchbury, 3 Dan Cole, 2 Dylan Hartley (cap.), 1 Joe Marler
A disposizione: 16 Jamie George, 17 Mako Vunipola, 18 Kyle Sinckler, 19 Tom Wood, 20 Jack Clifford, 21 Ben Youngs, 22 Henry Slade, 23 Jack Nowell
All. Eddie Jones

Italia: 15 Edoardo Padovani, 14 Giulio Bisegni, 13 Michele Campagnaro, 12 Luke McLean, 11 Giovanbattista Venditti, 10 Tommaso Allan, 9 Edoardo Gori, 8 Sergio Parisse (cap.), 7 Simone Favaro, 6 Abraham Steyn, 5 Andries Van Schalkwyk, 4 Marco Fuser, 3 Lorenzo Cittadini, 2 Leonardo Ghiraldini, 1 Andrea Lovotti
A disposizione: 16 Ornel Gega, 17 Michele Rizzo, 18 Pietro Ceccarelli, 19 George Biagi, 20 Maxime Mata Mbanda’, 21 Giorgio Bronzini, 22 Carlo Canna, 23 Tommaso Benvenuti.
All. Conor O'Shea
 
Arbitro: Roman Poite (Francia)

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