Renato Portaluppi, da "pube de oro" a guru del Gremio

Renato Portaluppi, da "pube de oro" a guru del Gremio
di Alfredo Spalla
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Venerdì 1 Dicembre 2017, 11:03 - Ultimo aggiornamento: 11:56
Una statua, un rinnovo di contratto e un giorno di ferie per tutta Porto Alegre. Ormai Renato Portaluppi può chiedere di tutto a tutti: ogni suo desiderio sarà esaudito. La vittoria della Coppa Libertadores, la terza nella storia del club gaucho, lo ha consacrato come l'idolo indiscusso del Gremio. A Roma, il suo nome non evoca grandi ricordi, se non quelli legati alla vita mondana, mentre a Porto Alegre fa impazzire metà città. Si è preso l'America con il suo stile. Lo stesso che lo ha contraddistinto negli anni: sicuro, con punte di arroganza, ironico e sempre auto-ironico sul suo rapporto con le donne e con la figlia Carol. La leggenda vuole che El Pube de Oro ne abbia sedotte 5.000, ma adesso non gradisce la sovraesposizione mediatica di Carol (23 anni), showgirl molto seguita sui social.
IL DESTINO
Con questo stile bohèmien, però, ha raggiunto risultati storici, dimostrando di essere un allenatore capace e flessibile nei momenti di necessità. Ancor prima della Libertadores, il suo successo consiste nell'aver letteralmente riportato il Gremio nel Pantheon delle grandi squadre del Sud America, dopo troppi anni di assenza. Il destino vuole che ci sia riuscito nell'anno in cui i cugini dell'Internacional sono in B, riservandogli la battuta d'obbligo. «Con tutto il rispetto per il signor Marchezan (il sindaco di Porto Alegre) io, Renato Portaluppi, dichiaro un giorno festivo a Porto Alegre. C'è un grande club campione del Mondo e tricampeão d'America da festeggiare. E con tutto il rispetto ai cugini colorados, che sono saliti dalla B: potete approfittarne anche voi, Babbo Natale è gremista!», ha scherzato dopo la finale vinta contro gli argentini del Lanús (1-0 all'andata, 2-1 al ritorno).
IL BIS
Portaluppi, anche se in Brasile è per tutti Renato Gaucho, è il primo brasiliano ad aver vinto la Libertadores sia da giocatore che da allenatore. Ha bissato il successo del 1983, quando la vinse proprio con la maglia del Gremio. Adesso gli spetta una statua, come promesso dal Presidente Romildo Bozan: «Sì, gliela farò fare». A Porto Alegre amano il suo stile spigoloso, perché, in fondo, sono fieri e orgogliosi come lui, che però è pazzo per Rio de Janeiro, dove vola appena ha un minuto libero. «L'unico modo per intervistarlo seriamente è andare al posto 9 di Ipanema e aspettare che finisca di giocare a footvolley», scherza Marcos Eduardo Neves, biografo e autore del libro «Angelo o demonio», dedicato all'idolo gremista. Prima della finalissima di Libertadores ha definito «una pagliacciata» l'inchiesta dell'Espn che aveva svelato come il suo staff avesse spiato col drone tutti gli avversari di Coppa. A Roma, nonostante l'arrivo in elicottero per la presentazione, Portaluppi non riuscì ad entrare nel cuore dei tifosi. Si diceva che non avesse un gran rapporto con Rudi Völler, quando invece i due non disdegnavano un bel dopo cena in compagnia. Adesso la leggenda della movida è pronta a far spazio al Renato leggenda tricolor. In attesa del Mondiale per Club, che potrebbe renderlo ancora più idolo.
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