Frosinone, Di Francesco e i suoi fantasmi: dai giorni del miracolo all'incubo retrocessione

Gli infortuni, una maledizione. Gli applausi alla squadra che però usciva sconfitta, poi anche le sconfitte senza applausi

Mister Di Francesco
di Pierfederico Pernarella
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Giovedì 14 Marzo 2024, 07:27 - Ultimo aggiornamento: 12:03

«Il riscatto di DiFra». «La rivincita di DiFra». Ad Eusebio questi titoli non potevano re che piacere, ma in cuor suo, chissà, se qualcosa non gli diceva che doveva tenere a freno quella felicità, tutta meritata, per come stavano andando le cose del suo Frosinone. Chi conosce il buio sa che quando torna la luce è meglio mettersi gli occhiali da sole per non restare abbagliati. E il buio, calcistico, Di Francesco lo aveva conosciuto.

Dalla notte di Roma-Barcellona di Champions, all'esonero del Verona dopo appena tre partite, passando per le altrettanti fugaci panchine di Sampdoria e Cagliari. E quella "patente", come in una novella di Pirandello, del perdente, dell'allenatore bollito. Come se l'allenatore del Sassuolo, con quelle idee audaci del calcio e scopritore di giovani talenti, non fosse mai esistito. Di Francesco si è fatto da parte. Per tre anni si è ritirato dalle scene per dedicarsi alla famiglia, allo studio, al padel, alla lettura di libri che sono serviti a ritrovare quella voce interiore che sembrava smarrita nel labirinto della delusione.
E quindi è arrivata l'occasione del Frosinone. «Il mio anno zero», come ha detto lui quando si è presentato. E quale situazione per ricominciare daccapo. Una squadra di provincia, outsider tra le outsider,. Un presidente come Maurizio Stirpe con i piedi per terra e convinto che «l'importante non è vincere, ma come si vince» (miele per l'orecchie di DiFra), un direttore tecnico come Guido Angelozzi che ha sempre creduto nei giovani talenti. E poi, soprattutto, una città calcistica appassionata che ha imparato a non mollare la squadra anche nei momenti più difficili perché sa che i sogni si costruiscono a piccoli passi e con estremo sacrificio. «La fatica non è mai sprecata, soffri ma sogni», diceva Mennea. Una frase che riassume in poche parole la favola calcistica che il Frosinone e i suoi tifosi stanno vivendo da dieci anni a questa parte.

L'EXPLOIT

«Questa volta però dobbiamo rimanerci in serie A», ripetevano questa volta tutti. E quel sogno era sembrato diventare realtà. La rimonta col Sassuolo, lo scacco all'Atalanta di Gasperini che per alcune giornate ha continuato a masticare amaro, il settimo posto prima di Roma e Lazio, i dribbling di Soulé e la braciata argentina dopo il primo gol in A, le scorribande di Gelli preso dall'Albinoleffe, il tacco di Cuni ("Bayern? No Frosinone" titolava qualcuno per raccontare il miracolo ciociaro), i ragazzi terribili, i paratoni di Turati, il fiuto di Angelozzi, la squadra con il budget più basso del campionato, quella con media età dei giocatori più bassa (23 anni o giù di lì) e poi quella cosa che veniva da pensare a tutti: «La rivincita di DiFra». Perché il miracolo del Frosinone coincideva anche con la parabola felice del suo allenatore. Sì, è vero, c'era stata la Waterloo di Cagliari, ma pure i quattro babà rifilati al Napoli nella storica qualificazione in Coppa Italia. Di quella epica serata resta una foto: Di Francesco, commosso, che alza le mani verso i tifosi ciociari al "Maradona" ancora increduli. È stato l'apice della luna di miele del Frosinone.

UNA BRUTTA ARIA

Poi il cielo si è cominciato a coprire di nubi. All'orizzonte s'incomincia a vedere una brutta aria. Nuvole nere cariche di pioggia e saette.
Gli infortuni, una maledizione. Gli applausi alla squadra che però usciva sconfitta, poi anche le sconfitte senza applausi, la difesa colabrodo, le papere di Turati, Soulé alle prese con la Kryptonite come Superman, gli attaccanti che non la buttano dentro, un clima tra i giocatori che non più sereno come all'inizio, quei "vaffa" tra compagni rubati dalle telecamere di Dazn. Cosa è successo nello spogliatoio? I ragazzi terribili sono diventati ingestibili? E poi cambi e scelte che sono apparsi fatti un po' a caso, come da chi non sapesse come uscire dal guado in cui è finito. Nelle foto di agenzia delle ultime partite Di Francesco grida, si sbraccia, sbuffa, è serio, corrucciato. Soprattutto spaesato. Ora è il terzultimo posto, zona retrocessione. È la prima volta in cui i il Frosinone vede il baratro. Il calendario è un campo minato. Ora un passo sbagliato e... Mette i brividi solo a pensarla quella lettera, la B, che un campionato fa sembrava un lontano ricordo.
Intanto sabato arriverà la Lazio del dimissionario Sarri. Ma allo "Stirpe" aleggiano già altri fantasmi. Quelli di Di Fra. Ma si può ancora scacciarli.
Pierfederico Pernarella
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