Rugby, Sei Nazioni: la favola di Giulio Bisegni, da Frascati al tempio di Twickenham

Rugby, Sei Nazioni: la favola di Giulio Bisegni, da Frascati al tempio di Twickenham
di Christian Marchetti
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Domenica 15 Febbraio 2015, 15:58 - Ultimo aggiornamento: 16 Febbraio, 01:43
Minuto 72, Twickenham: esce Leonardo Sarto, entra Giulio Bisegni, che in quegli ultimi otto minuti corre, placca e scava anche un bel break nel muro di maglie bianche su bella imbeccata dell'incontenibile Luca Morisi. Oltre alle tre mete, della sbiancata nella Fortezza di Twickenham ci sono alcuni piccoli grandi dettagli da salvare. Tra questi appunto Bisegni, detto “Il Roscio” per via di quella capigliatura color gettone già passata sotto l'inflessibile rasoio elettrico del capitano Parisse. Testa rasata, come da tradizione per chi esordisce in azzurro.



Nel raduno all'Acqua Acetosa, Giulio Bisegni dorme in stanza con Andrea Masi che chiuderà con la Nazionale al termine della World Cup 2015. Un ideale passaggio di consegne. «Un bravo ragazzo, rispettoso e grande lavoratore – il giudizio del veterano – Inoltre con una struttura fisica interessante come tutti gli altri giovani del gruppo. Alla loro età, noi invece pagavamo qualcosa da quel punto di vista».

l'azzurro numero 643 Giulio Bisegni, 23 anni il prossimo 4 aprile, 180 cm per 83 kg forgiati nello stampo rugby in quel di Frascati. Fino allo scorso anno si è fatto notare con la maglia della Lazio, in Eccellenza, il massimo campionato italiano. Il rugby “autoscontro” il suo preferito: ariete contro le difese avversarie, presenza massiccia, sebbene con un piede ancora da affinare. La vita che cambia in appena sei mesi, ossia dal suo arrivo in quella franchigia federale delle Zebre che si confronta ogni settimana nel Pro 12 con irlandesi, gallesi e scozzesi. La notizia della convocazione per il Sei Nazioni che arriva con l'sms del manager Gino Troiani.

«All'inizio pensavo fosse uno scherzo – racconta – Ho avvisato subito mio fratello e concordato con lui di tenere la cosa tra noi. Non l'abbiamo detto nemmeno a nostra madre. Poi, però, al termine di un allenamento con le Zebre, ho ricevuto i complimenti di compagni e dirigenti. Lì ho capito che era tutto vero».

Il fratello si chiama Gabriele. Ha 10 anni più di lui, ieri terza linea e oggi suo primo tifoso. «Lo considero quasi una figura paterna. Tre anni fa abbiamo perso nostro padre e il suo ruolo è cambiato, è diventato ancor di più un punto di riferimento».

«Una chiamata in azzurro puoi sempre aspettartela – continua Bisegni – ma certo non ti aspetti che accada tutto in così poco tempo. Sei mesi fa, qui venivo ad allenarmi con la mia Lazio. Alternavo gli studi in ingegneria energetica a Tor Vergata agli allenamenti, che approcciavo in maniera professionale ma senza pensare che il rugby potesse diventare fino a questo punto una professione».



Il debutto in Nazionale. Ancor prima del match con l'Irlanda la soddisfazione della chiamata in azzurro. Giulio la presentava così: «I miei ex compagni sono contenti per me. Anche perché la mia presenza qui è un segnale positivo, la dimostrazione che con l'impegno puoi raggiungere qualsiasi obiettivo».

Da ieri c'è un segnale in più: quegli otto minuti nella Fortezza. Qualcuno vorrebbe vederci fuori dal Sei Nazioni, qualcun altro risponde con la qualità.